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Il 900




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Il 900


La cultura pedagogica del 900 è caratterizzata da una pluralità di presenze e di sperimentazioni. L'emergere, l'affermarsi della psicologia sperimentale, della psicanalisi, della sociologia, danno origine a nuovi metodi d'indagine, a nuove conoscenze, a spazi e modalità educativi prima impensati. Il tutto mentre i processi sociali, politici, economici accentuano i conflitti di classe creando fratture e tragici confronti a livello internazionale: basta citare la trasformazione industriale, le due guerre mondiali, il fascismo, lo stalinismo, la divisione del mondo in aree sviluppate e sottosviluppate.

Proprio il nostro secolo, definito il "secolo del fanciullo", ha scoperto le tristissime condizioni di un'infanzia condannata alla morte, alla fame, all'emarginazione.

Altri problemi come quelli dell'alfabetizzazione, degli handicappati, delle donne, degli anziani sono legati alle possibilità di emancipazione sociale, economica, culturale, educativa. Via via, per la presa di coscienza della molteplicità dei problemi educativi, e dell'affermarsi di nuove discipline, cambia il modo di intendere la pedagogia e sempre di più si parla di scienze dell'educazione.



L'attivismo

L'attivismo è stato una grande voce della pedagogia del 900 almeno fino agli anni 50.

I grandi temi teorici dell'attivismo:

puerocentrismo: riconoscimento del ruolo essenziale e attivo del bambino nel processo educativo

valorizzazione del fare: si pongono al centro del lavoro scolastico le attività manuali, il gioco, il lavoro

motivazione: ogni apprendimento deve essere collegato agli interessi e ai bisogni del fanciullo

studio dell'ambiente: si parte dalla realtà che circonda il bambino (il bambino deve scoprire le cose dall'ambiente)

antiautoritarismo: l'educatore è solo l'animatore delle varie attività

antiintellettualismo: svalutazione di programmi esclusivamente culturali

educazione progressiva: la scuola deve legarsi allo sviluppo della società formando il cittadino


Grandi maestri teorici dell'attivismo sono Dewey, Decroly (metodo globale per l'insegnamento della lettura), Claparède, Ferrière, Maria Montessori.


John Dewey (1859-1952)

Dewey è stato il più grande pedagogista del 900: il teorico di un nuovo modello di pedagogia, nutrito dalle diverse scienze dell'educazione, lo sperimentatore più critico dell'attivismo. Il pensiero pedagogico di Dewey si è diffuso in tutto il mondo e ovunque ha operato una profonda trasformazione.

Dewey nasce a Burlington (USA). Insegna come professor of philosophy e intanto pubblica studi psicologici e studi filosofici, si occupa anche di logica, di morale e di pedagogia.

Dal 1894 è direttore del Dipartimento di filosofia, psicologia e educazione nell'Università di Chicago, dove dirige anche una scuola- laboratorio annessa all'Università. Si tratta di una scuola-laboratorio al centro della quale si trova il fanciullo con i suoi bisogni e i suoi interessi, la scuola è una piccola comunità in miniatura con laboratori di vario tipo (tessitura, falegnameria) e con attività familiari come cucinare, ecc. al fine di collegare le attività scolastiche con quelle produttive che possono quindi introdurre nell'ambito scolastico motivazioni più concrete per l'apprendimento delle varie materie e una precisa coscienza della loro utilità. Ampio spazio viene dato anche alla creazione artistica e al gioco.

Nelle molte opere che Dewey ha dedicato al problema educativo si viene elaborando una  pedagogia estremamente attenta ai problemi della società industriale moderna, come pure alle istanze di promozione umana tipiche di molta pedagogia contemporanea.

In generale la pedagogia di Dewey si caratterizza:

come ispirata al pragmatismo e quindi ad un permanente contatto del momento teorico con quello pratico, in modo che il "fare" dell'educando divenga un momento centrale dell'apprendimento

come intrecciata intimamente con le ricerche delle scienze sperimentali, alle quali l'educazione deve ricorrere per definire correttamente i propri problemi, ed in particolare alla psicologia e alla sociologia

come impegnata a costruire una filosofia dell'educazione che assume un ruolo assai importante anche in campo sociale e politico, in quanto ad essa viene delegato lo sviluppo democratico della società e la formazione di un cittadino dotato di una mentalità moderna, scientifica ed aperta alla collaborazione

Tali caratteri generali renderanno la pedagogia deweyana un po' come il modello-guida all'interno del movimento della "scuola attiva" che era rivolta a valorizzare il fanciullo come il protagonista del processo educativo ed anche a porlo al centro di ogni iniziativa didattica, opponendosi alle caratteristiche più autoritarie e intellettualistiche della scuola tradizionale.

Un altro grande tema è quello della valorizzazione in ambito scolastico della "vita del fanciullo", cioè dei suoi reali interessi e del suo bisogno di attività. In particolare nella scuola dovranno trovare uno spazio adeguato i quattro interessi fondamentali del bambino, quello "per la conversazione o comunicazione", "per l'indagine o la scoperta delle cose", "per la fabbricazione o la costruzione delle cose", "per l'espressione artistica" e tutto il lavoro scolastico dovrà essere rinnovato alla luce di questi, introducendo, accanto ai laboratori, spazi per la creazione artistica e il gioco.

Questi sono i caratteri fondamentali del proprio pensiero pedagogico che Dewey fissa nella sua prima grande opera "Scuola e società".

Successivamente con "Democrazia ed educazione" Dewey sviluppa in maniera più organica il proprio discorso intorno all'educazione introducendo alcuni temi in parte nuovi, in particolare quello della funzione democratica dell'educazione e quello della valorizzazione della scienza come "metodo" specifico di un'educazione democratica.

Perché l'educazione possa realizzare adeguatamente questo suo compito di formare l'uomo democratico e di incrementare il livello di democrazia in una società è necessario che ponga al centro della formazione intellettuale e morale il metodo della scienza.

Dewey richiama anche l'importanza fondamentale della formazione intellettuale rispetto alla valorizzazione del "fare" e delle attività pratiche, esaltate invece, come radicalmente innovatrici, in Scuola e società.

Maria Montessori (1870-1952)

Altra pagina centrale nella storia dell'attivismo pedagogico fu Maria Montessori. Nata a Chiaravalle (Ancona), si formò a Roma dove si laureò in medicina, dedicandosi poi alla cura dei bambini subnormali. Nel 1906 organizzò asili presso alcune case popolari a Roma e nel 1907 fondava la prima "Casa dei bambini". In seguito si dedicò alla diffusione delle sue dottrine in tutto il mondo, ma esse ebbero più influsso all'estero che in Italia. La Montessori morì ad Amsterdam, dopo essersi trasferita all'estero nel 1916 ed avere svolto la sua attività in America e in India.

Alla base del "metodo Montessori" sta uno studio sperimentale della natura del fanciullo che pone l'accento, in particolare, sulle attività senso-motorie del fanciullo, che vanno sviluppate sia attraverso gli "esercizi di vita pratica": vestirsi, lavarsi, mangiare, ecc., sia attraverso un materiale didattico scientificamente organizzato: incastri solidi, blocchi geometrici, materiali per l'esercizio del tatto, del senso cromatico, dell'udito, ecc.

All'attività di organizzatrice di scuole per l'infanzia la Montessori accompagnò anche una riflessione più generale sull'educazione che si sviluppò intorno ai principi della "liberazione del fanciullo":

il fanciullo deve svolgere liberamente le proprie attività per maturare tutte le sue capacità e raggiungere un comportamento responsabile. La "liberazione" deve avvenire sotto la guida attenta, anche se non coercitiva, dell'adulto che deve essere scientificamente consapevole dei bisogni dei fanciulli e degli ostacoli che si frappongono alla sua liberazione

ruolo formativo dell'ambiente. E' quindi opportuno che l'ambiente venga reso "adatto" al fanciullo, riorganizzato secondo le sue esigenze fisiche e psichiche. Lo stesso arredamento scolastico deve essere progettato a misura di fanciullo, in modo che egli possa direttamente maneggiarlo e spostarlo e comprende anche quei materiali attraverso l'uso dei quali si compie l'autoeducazione del fanciullo. Secondo la Montessori, esso deve fare da sé e ricevere stimoli e sollecitazioni soprattutto dall'ambiente e non direttamente dall'adulto.

"concezione della mente infantile come mente assorbente" dotata di uno straordinario potere di assimilazione, spesso inconscio


Idealismo: Giovanni Gentile (1875-1944)

Contrario all'attivismo. Fu ministro della Pubblica Istruzione.

riforma scolastica del 1923. Scuola italiana orientata verso una difesa della superiorità della formazione umanistica

la scuola teorizzata da Gentile è la scuola del maestro, della cultura e della lezione "passiva", non la scuola del fanciullo e dei suoi bisogni

religione come filosofia  adatta ai fanciulli e alle masse

grande importanza dell'arte


Modelli di pedagogia marxista


Anton Semeovic Makarenko (1888-1939)

Accanto al lavoro trova posto anche la cultura tradizionale borghese che il proletario fa propria in ciò che c'è di buono trasformandola da strumento di oppressione in strumento di liberazione riscatto del proletario attraverso la cultura.


Antonio Gramsci (1891-1937)

Problema centrale era la formazione di un nuovo ceto intellettuale all'interno della classe operaia. Importante l'estensione dell'educazione e dell'istruzione per fornire a tutti gli strumenti culturali, intellettuali, linguistici, logici, scientifici. Si deve trasformare la realtà non partendo dalla struttura

economica ma a partire dalla cultura (rivoluzione della mentalità) aiutando la classe operaia ad acquisire una propria visione del mondo acquisire una propria coscienza di classe.


Don Lorenzo Milani (1923-1967)

Nasce a Firenze, di famiglia colta e borghese, seminarista e quindi sacerdote, fonda a San Donato di Cadenzano, dove è stato nominato cappellano, la prima scuola popolare per giovani operai e contadini. Il suo impegno politico suscita critiche e diffidenze per cui è trasferito come priore a Sant'Andrea di Barbiana, dove fonda una scuola popolare per ragazzi che avevano finito le elementari o che venivano "bocciati" dalla scuola dell'obbligo. Nella scuola di Barbiana si lavora tutto il giorno, intorno ad una cultura non formalistica, discutendo e scrivendo, riappropriandosi della parola e dell'autonomia di pensiero come strumenti di emancipazione e di crescita sociale. La scuola durava 365 giorni all'anno, senza voti e pagelle, i più grandi insegnavano ai più piccoli.

Egli non è un pedagogista, ma un educatore che fa suoi i diritti dei poveri, degli oppressi, degli emarginati e li rivendica.


La "Lettera a una professoressa", la "Lettera ai cappellani militari toscani" sulla obiezione di coscienza e soprattutto la "Lettera ai giudici" nascono nella scuola dall'esigenza di pervenire all'elaborazione di una cultura che, liberando l'uomo da oppressioni, convenzioni e compromessi, ne riscatti e ne garantisca l'autenticità.

La "Lettera a una professoressa" costituisce una presa di coscienza dell'importanza della scuola dell'obbligo ai fini della dignità umana e un atto di accusa contro la discriminazione che in essa si opera ai danni di quanti non sono messi in condizione di acquisire quella formazione che pure "la Costituzione, nell'art. 34, promette a tutti".

Anche i poveri devono avere, magari con sforzo, barattando il gioco con il doposcuola, quanto i ricchi hanno per diritto di nascita, in modo da colmare le distanze, in modo da trovarsi tutti sullo stesso piano e disporre di una "uguaglianza di possibilità".

Il libro non affronta questioni pedagogiche se non marginalmente, il suo contenuto rimane essenzialmente politico: la scuola è espressione della classe borghese, è al suo servizio, lavora per conservarle potere e privilegi. Per questo offre un sapere astratto, cristallizzato, inutile, che essendo estraneo ai problemi della vita e del mondo, non può essere compreso e assorbito da chi in mezzo a tali problemi si dibatte ogni giorno e tanto meno contribuire in alcun modo a modificarli.


Alla scuola di classe, discriminatrice a danno dei poveri, si deve sostituire la scuola dell'uguaglianza basata su tre norme:

I - non bocciare

II - a quelli che sembrano cretini dargli la scuola a tempo pieno

III - agli svogliati basta dargli uno scopo: aiutare il prossimo con lo studio formazione di insegnanti, sindacalisti, politici (scopo ultimo). Scopo immediato: sapersi esprimere intendere e farsi intendere


Nella sua lotta intransigente e dura in favore dell'obiezione di coscienza e della scuola per i poveri, che li riscatti e li inserisca in una società di tutti per tutti, ha il merito di aver imposto all'opinione pubblica, in termini perentori, il problema della libertà e della giustizia.

Secondo questi principi deve essere impostato il "tempo pieno" in modo che l'insegnamento-apprendimento del mattino possa essere, attraverso la discussione e la ricerca del pomeriggio, verificato e personalizzato.









La scuola dal dopoguerra ad oggi nei paesi industrializzati

Dal 1945 ad oggi la scuola si è caratterizzata per:

la sua crescita sociale: alfabetizzazione di massa, innalzamento dell'obbligo scolastico

ruolo della scuola nello sviluppo socio-economico: anche la manodopera operaia deve essere sufficientemente acculturata per potersi applicare a macchine sempre più sofisticate

contributo della scuola alla crescita democratica: formando cittadini consapevoli e partecipi alla "cosa pubblica"





La scuola in Italia

con la Carta Costituzionale del 1948 viene riconosciuto a tutti i cittadini il diritto di istruzione

1962: riforma della scuola media unifica i trienni post-elementari in una scuola più aperta alle scienze, innalza la formazione di base a tutti i cittadini

1968: nasce la scuola materna statale

1974: Decreti Delegati gestione sociale della scuola aperta a insegnanti, genitori e allievi







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