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Tesina-approfondimento - mutamenti climatici-global warming




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TESINA-APPROFONDIMENTO





MUTAMENTI CLIMATICI-GLOBAL WARMING







"La scelta è nostra; c'è la terra in gioco."





Al Gore, la terra in bilico

















RISCALDAMENTO GLOBALE


Il riscaldamento globale è un aumento anomalo della temperatura terrestre provocato da fenomeni naturali e soprattutto dall'azione dell'uomo sull'ambiente.

La sua definizione è tutt'altro che semplice poiché si tratta di un evento provocato da una commistione di cause. Si cominciò a parlare di riscaldamento globale a partire dagli anni ottanta, quando la sensibilità degli scienziati rispetto alle questioni ambientali si fece più forte e in qualche modo libera da interessi economici.



Nel corso della storia il rapporto tra uomo e natura è sempre stato problematico, principalmente in questi ultimi anni durante i quali abbiamo trasformato radicalmente questa relazione. Ciò è dovuto a un insieme di fattori.

In primo luogo la popolazione mondiale è aumentata in un arco di tempo relativamente ristretto. I livelli demografici mondiali sono sempre stati costanti e solo nel secondo dopoguerra con il boom delle nascite si è raggiunta quota 2.3 miliardi di persone. Agli inizi del ventunesimo secolo la popolazione mondiale sfiora i 6.5 miliardi e si prevede che nel 2050 arriveremo ad essere in 9.1 miliardi. Questa improvvisa crescita demografica è avvenuta primariamente in quei Paesi che comunemente vengono chiamati "in via di sviluppo" riportando gravi conseguenze. L'incremento eccessivo della popolazione comporta una più intensa pressione sulla terra, una maggiore richiesta di beni di primaria necessità come l'acqua e il cibo che già in questi Paesi sono limitati.

In secondo luogo le nuove tecnologie che spesso vengono utilizzate seguendo le vecchie abitudini possono essere letali poiché aumentano la capacità di agire e quindi l'impatto di ogni individuo sul mondo naturale.

In terzo luogo il nostro rapporto con la natura si è deteriorato grazie alla tendenza a concentrarci sugli effetti a breve termine, mirati allo sfruttamento eccessivo e repentino delle risorse, con benefici e guadagni immediati invece di prendere decisioni a lungo termine ovvero che portino alla salvaguardia dell'ambiente e ad un'ottimizzazione delle risorse per un utilizzo di queste equamente ripartito. Questa mancanza di lungimiranza e la propensione ad ignorare le conseguenze delle nostre azioni si è unita alla presunzione di poter disporre impropriamente della natura a nostro "uso e consumo" provocando una vera e propria crisi nel rapportarci con il mondo circostante.

Un efficace esempio di ciò è la "rivoluzione chimica". L'uomo considerò gli efficaci effetti a breve termine della chimica sulla nostra vita(farmaci, pesticidi, erbicidi) ma non valutò attentamente le conseguenze a lungo termine. Ad esempio può essere citato l'agente arancio.












AGENTE ARANCIO: il cosiddetto "agente arancio" è il nome in codice di un famoso erbicida utilizzato durante la guerra in Vietnam dall'esercito statunitense per far sì che i Viet Cong non si potessero nascondere tra la fitta vegetazione. Anni più tardi venne appurato che l'erbicida era la causa di un grave danno cromosomico e di difetti alla nascita riscontrati nella progenie dei soldati.









"Noi dobbiamo essere il cambiamento che desideriamo vedere nel mondo"

Mahatma Gandhi



Ogni individuo che vive sulla terra deve sentire, credere e attuare un cambiamento del proprio stile di vita. A livello personale significa riesaminare il nostro rapporto con la natura, rispettarla in ogni sua forma. Solo in questo modo sarà possibile affrontare la crisi ambientale che oggi stiamo vivendo. Dobbiamo essere consapevoli che l'unico modo di interpretare il nostro nuovo ruolo nella natura è quello di considerarci parte integrante di un complesso sistema che non opera secondo le semplici regole di causa-effetto a cui siamo abituati. Il problema non è il nostro effetto sull'ambiente bensì il rapporto con esso.


Esistono numerosi casi limite che dimostrano l'azione sconsiderata dell'uomo sulla natura.

Il lago d'Aral era il quarto tra i più grandi mari interni del mondo. Oggi è quasi del tutto scomparso a causa di un piano d'irrigazione che ha deviato l'acqua che lo alimentava per creare coltivazioni di cotone nel deserto.



DIVISIONI SULL'EFFETTO SERRA



"E' difficile far capire ad un uomo qualcosa se il suo stipendio dipende proprio da questo suo non riuscire a  capire"

Upton Sinclair




Questa famosa frase di Upton Sinclair racchiude il nocciolo della questione che tratteremo sulle contraddizioni all'interno dell'ambiente scientifico. Dopo le numerose manifestazioni della crisi ambientale che si alternano dal 1970 ancora oggi un gruppo esiguo di influenti studiosi sostengono che non dobbiamo preoccuparci del riscaldamento globale perchè, quando i gas a effetto serra intrappoleranno nell'atmosfera una maggiore quantità di calore solare, la terra produrrà automaticamente più nubi, le quali, a loro volta, fungeranno da termostato per regolare la temperatura del nostro pianeta. Oppure presso il Marshall Institute tre scienziati hanno ipotizzato che, nel prossimo futuro, il sole si raffredderà di quel tanto che basterà a compensare il riscaldamento globale.

I pareri di questi insigni dottori influenzò soprattutto nei primi anni novanta l'opinione pubblica data la loro importanza nell'ambiente scientifico. I mass media enfatizzarono questi contrasti contribuendo a dividere l'opinione dei singoli cittadini. Un esempio su tutti fu il professor R. Lindzen del Massachusetts Institute of Technology (M.I.T), una delle più importanti università di ricerca del mondo, il quale sosteneva che l'effetto serra fosse solo una questione meramente politica, priva di qualsiasi base scientifica.


Diffondere il dubbio tra la gente pareva essere un grande vantaggio per gli scettici. Ma oggi si può dire con certezza che esistono prove scientifiche schiaccianti sull'esistenza dell'effetto serra e che la maggior parte di diffidenti di allora si sono prodigati nella battaglia contro il global warming. 




MINACCE LOCALI, REGIONALI E STRATEGICHE

Il riscaldamento globale è ritenuta una minaccia di tipo "strategico". Utilizzando termini militari sono state classificate tre categorie di pericolo ambientale: locali, regionali e strategiche. L'inquinamento dell'acqua, dell'aria e discariche di rifiuti sono ritenute come minacce locali.

I problemi come le piogge acide, la contaminazione delle falde freatiche sono ritenute di carattere regionale.

Mentre la concomitanza di eventi locali e regionali in un unico fenomeno globale è ritenuta una minaccia strategica.

Le contaminazioni locali sono ritenute innocue nella stragrande maggioranza dei casi ed è improbabile che si riescano a valutare le conseguenze su scala globale, anche se realmente esiste fra di esse un delicato equilibrio di interdipendenza.

Questo sistema di interdipendenze viene chiamato dagli scienziati ciclo di retroazione positiva(feedback).

E' un tipo di retroazione dove la risposta tende ad enfatizzare gli effetti dello stimolo perturbante, portando generalmente ad un progressivo o repentino spostamento dall'equilibrio iniziale. Spesso si esplica attraverso un esempio a struttura circolare: il disboscamento incontrollato di un versante provoca l'esposizione del suolo agli agenti atmosferici, con la conseguente erosione e distruzione degli orizzonti ricchi di sostanza organica. Pertanto il terreno, privato della sua frazione fertile, non consente il ripristino della vegetazione, permettendo nuove azioni erosive (retroazione positiva) in un crescendo che porta alla distruzione dell'ambiente precedente.

Allo stesso modo quando vengono bruciate vaste zone di foresta pluviale, si riduce nettamente la quantità di piogge riciclate per le zone adiacenti, privandole della piovosità di cui hanno bisogno per mantenersi in buone condizioni. Se l'area disboscata è abbastanza vasta, la quantità di pioggia sottratta alle zone adiacenti sarà sufficientemente grande da provocare un accentuato "ciclo di siccità", che lentamente uccide più alberi, riducendo ancora il riciclaggio pluviale e accelerando di conseguenza la morte della foresta. Quando viene eliminata la volta di foglie, l'improvviso riscaldamento del suolo della foresta porta all'emissione di grandi quantità di metano e di anidride carbonica. Il massiccio incremento del numero dei tronchi e dei rami degli alberi morti fa aumentare esponenzialmente il numero delle termiti le quali producono un'enorme quantità di metano.




VULCANI: "clima e civiltà" 

Il 1816 venne chiamato dagli storici "l'anno senza estate". Fu un periodo di grande crisi in Europa poiché venne colpita da un periodo nel quale le temperature si abbassarono notevolmente. I raccolti non soddisfacevano più il fabbisogno della società, di conseguenza vi fu uno stagnamento dell'economia con ripercussioni sulla stabilità politica dei diversi paesi europei causata da un'ondata di manifestazioni e scontri.

E pensare che tutto ciò fu causato da un vasta serie di eruzione avvenuta a circa 12 000 km di distanza. L'attività del vulcano Tambora nell'isola di Sumbawa in Indonesia nella primavera del 1815 uccise ben diecimila persone e altre ottantaduemila morirono di fame e malattie nei mesi successivi.

Gli effetti di tali esplosioni si avvertirono in Europa un anno più tardi dopo che le ceneri proiettate nel cielo si diffusero nell'atmosfera e sotto l'azione delle forti correnti cominciarono a ridurre la quantità di luce solare che raggiungeva la superficie terrestre, provocando l'abbassamento delle temperature.

Un altro esempio meno lontano nel tempo fu l'eruzione del monte Pinatubo, nelle Filippine, avvenuta il 12 Giugno 1991. L'emissione di una nube di ceneri alte 30 km ebbe un impatto mondiale significativo ma di breve durata, raffreddando la terra di circa 0.5°C e mascherando l'aumento di temperatura globale provocato dai gas serra, inoltre accelerò il processo di riduzione dell'ozono.

Queste ed altre manifestazioni vulcaniche ci insegnano tre cose importanti sui cambiamenti a lungo termine. In primo luogo dimostrano che la civiltà umana dipende da condizioni climatiche stabili e che crisi ambientali come quella che stiamo vivendo possono essere fatali.

In secondo luogo mostrano come le tragedie che colpiscono una parte del mondo possano essere provocate da cambiamenti climatici originatisi in un'altra parte del pianeta.

E in terzo luogo, ci lasciano immaginare le devastanti conseguenze di un cambiamento relativamente improvviso provocato dall'uomo nell'andamento del clima globale.    




EFFETTO SERRA

L'effetto serra è il meccanismo di base che provoca il riscaldamento globale. Molto tempo prima dell'inizio della civiltà, il sottile strato di gas che circondava la terra riusciva bene ad intrappolare una minuscola parte del calore del sole e a mantenerlo vicino alla superficie per riscaldare l'aria, in modo da impedire che le temperature scendessero vertiginosamente durante la notte, il che,  naturalmente, è proprio ciò che accade sulla luna e sui pianeti come Marte che hanno un atmosfera molto rarefatta. Sulla terra, il sole irradia energia sotto forma di onde luminose che penetrano facilmente nell'atmosfera, fino a raggiungere la superficie del nostro pianeta, dove vengono assorbite dal terreno, dall'acqua e dalle forme di vita. Come osservato, lo strato superiore dell'atmosfera ci ripara da una grande quantità di raggi ultravioletti e, le nubi presenti nello strato inferiore riflettono e disperdono una buona parte della luce solare in arrivo.

Gran parte del calore assorbito durante il giorno, viene irradiato di nuovo nello spazio, sotto forma di onde infrarosse, più lunghe, dotate di minor energia e pertanto incapaci di penetrare nell'atmosfera con la stessa facilità della luce del sole. Di conseguenza, alcune non ce la fanno a passare attraverso lo strato di gas, e perciò questo calore rimane intrappolato nell'atmosfera.

Il problema risiede nel fatto che la civiltà umana continua a riversare nell'atmosfera molti più gas a effetto serra, rendendo il "sottile strato" notevolmente più spesso. Perciò esso intrappola una maggiore quantità di calore che altrimenti fuoriuscirebbe.

Dagli inizi della rivoluzione industriale, abbiamo prodotto quantità sempre maggiori di anidride carbonica e ora ne stiamo immettendo una quantità enorme nell'atmosfera globale. A differenza dei CFC (cloro - fluoro - carburi) che causano il buco dell'ozono, la CO2 è sempre esistita nell'atmosfera. Ma la sua percentuale in relazione all'intera atmosfera era del 0.03 per cento o 335 parti per milione(ppm). In questa minima percentuale ha sempre svolto un ruolo fondamentale come gas a effetto serra in grado di provocare un riscaldamento sufficiente ad accrescere la quantità di vapore acqueo che dagli oceani sale nell'atmosfera. Questo vapore in eccesso, a sua volta, intrappola quasi il 90 per cento delle radiazioni infrarosse irradiate dalla superficie terrestre nello spazio, trattenendole abbastanza a lungo da mantenere la temperatura della terra in uno stato di approssimativo equilibrio.

Il rapporto tra i livelli di CO2 e quelli della temperatura nel tempo è già stato dimostrato. L'effetto serra dopotutto rappresenta un fenomeno naturale conosciuto da più di un secolo.

La quantità di biossido di carbonio presente nell'atmosfera terrestre ha subito nel tempo fluttuazioni significative, in cicli della durata di decine di migliaia di anni. Le glaciazioni, per esempio, corrispondono a periodi in cui la concentrazione di CO2 era relativamente più bassa rispetto agli ultimi quindicimila anni.


In questi anni sono state elaborate nuove tecniche per misurare i livelli di anidride carbonica nell'atmosfera anche relativi a milioni di anni fa.

Per esempio l'analisi della CO2 attraverso la tecnica del carotaggio, che consiste nel asportazione di nuclei di ghiaccio a grandi profondità. Lo studio delle cosiddette "carote" fornisce dati precisi riguardo ai livelli di CO2 nell'aria fino a milioni di anni fa. La rilevazione è talmente precisa che ha condotto gli scienziati sovietici e francesi incaricati dei prelevamenti ad osservare la differenza tra prima e dopo l'approvazione del "clean air act" una serie di leggi per ridurre le emissioni di gas serra soprattutto in America, Canada e Messico; di cui l'ultimo emendamento fu emesso nel 1990.









Dopo aver imparato a leggere il ghiaccio come fanno i guardaboschi con gli anelli dei tronchi, gli scienziati scoprirono un sorprendente rapporto tra l'alzarsi e l'abbassarsi dei livelli della CO2 (in rosso) e della temperatura (in blu).

Come si può vedere dall'illustrazione in ben mille anni il livello di anidride carbonica non è mai stato superiore alle 300 parti per milione(ppm). Gli scienziati però si sono spinti oltre, effettuando carotaggi a più elevate profondità(più di tre chilometri) ed è stato scoperto che in 650 000 anni il livello di CO2 non ha mai superato le 300 ppm. Ciò significa che per 650000 anni il livello di biossido di carbonio è stato pressoché costante. Oggi il livello è salito a circa 500 ppm, quasi il doppio, e si preannuncia che nei prossimi 50 anni i livelli saranno spaventosamente più alti.

Dunque non soltanto stiamo introducendo enormi quantità di CO2 nell'atmosfera, ma stiamo anche interferendo nella normale maniera in cui l'anidride carbonica viene solitamente rimossa.

Si è detto che la terra ha due polmoni:le foreste e gli oceani. Entrambi oggi sono gravemente danneggiati, così come è danneggiata, di conseguenza, la capacità della terra di "respirare". Il riscaldamento artificiale dunque non è una minaccia assimilabile ad un innalzamento di qualche grado nelle temperature medie, esso rischia di distruggere l'equilibrio climatico registrato durante tutta la storia della civiltà umana.



L'OCEANO:il primo termostato naturale

Gli oceani giocano un ruolo chiave nel regolare la concentrazione di CO2 atmosferica, essi possono infatti immagazzinarla o rilasciarla in grandi quantità. Ma poiché stiamo provvedendo all'innalzamento della condizione termica terrestre allora anche il meccanismo che permette all'oceano di mantenere costante la temperatura ne verrà danneggiato. Man mano che gli oceani si riscaldano smettono di assorbire anidride carbonica al ritmo attuale. Il ciclo del carbonio negli oceani avviene attraverso due processi: la pompa fisica e la pompa biologica. La pompa fisica è il trasporto in profondità del carbonio presente in superficie e disciolto nell'acqua. La pompa biologica è, invece, quel processo che determina il rilascio e la diffusione negli strati profondi del biossido di carbonio che così viene immagazzinato nell'oceano. L'eventualità che questa pompa si blocchi è preoccupante, dal momento che la quantità di CO2 presente negli oceani è cinquanta volte superiore a quella attualmente presente nell'atmosfera. Perciò, anche se gli oceani ne assorbissero soltanto il 2 per cento in meno, la quantità di anidride carbonica presente nell'atmosfera potrebbe raddoppiare e riscaldare ulteriormente gli oceani e di conseguenza la terra. Inoltre, alcuni sostengono che il riscaldamento delle acque poco profonde del Mar Glaciale Artico porterà alla formazione, nell'atmosfera, di una enorme quantità di metano il quale è ben peggiore dell'anidride carbonica come gas a effetto serra. L'oceano inoltre aiuta a mantenere l'equilibrio globale spingendo costantemente verso una distribuzione più equa delle temperature; in uno schema caratteristico e relativamente stabile, l'oceano trasferisce il calore dall'equatore ai poli per mezzo di enormi correnti che scorrono vicino alla superficie, come la Corrente del Golfo. Man mano che l'acqua calda dell'oceano proveniente dai tropici si sposta verso nord, una parte di essa evapora lungo il percorso. Quando si imbatte nei freddi venti polari tra la Groenlandia e l'Islanda, l'evaporazione aumenta, e la corrente si lascia dietro acqua di mare molto più salata, che diviene più densa e pesante. Quest'acqua che si raffredda rapidamente scende verso il fondo al ritmo di circa 12 miliardi di litri al secondo, dando vita ad una profonda corrente, potente quanto quella del Golfo, anche se non altrettanto nota, che scorre verso sud, al di sotto della stessa Corrente del Golfo, vicino al fondo dell'oceano. Nel far questo riporta il freddo dei poli all'equatore.

Molti scienziati temono che, man mano che le regioni polari si riscaldano, più velocemente di quelle tropicali, e che diminuiscono le differenze di temperatura tra le due zone, queste correnti oceaniche, il cui movimento è dovuto in gran parte a tali differenze, possano subire un rallentamento o cercare un nuovo equilibrio. Se cambia lo schema circolatorio, cambierà anche quello climatico: alcune regioni avranno maggiori quantità di piogge, altre minori; alcune zone diventeranno più calde, altre più fredde.

Nel 1991, P. Schlosser, uno scienziato dell'osservatorio geologico Lamont-Doherty della Columbia University, e i suoi collaboratori, hanno annunciato che, durante gli anni ottanta, un elemento chiave della "pompa di calore oceanica" che spinge la Corrente del Golfo e ne rappresenta la controparte più fredda e profonda, ha subito un brusco ed inesplicabile rallentamento, quasi dell'80 per cento, fino a raggiungere un ritmo "non significativamente diverso da quello di una massa d'acqua stagnante". Schlosser ipotizzò che le acque a nord-est dell' Islanda fossero diventate meno salate e, di conseguenza, affondassero meno rapidamente.

Gli scienziati sono particolarmente interessati ai possibili effetti dei cambiamenti climatici su questa pompa di calore oceanica, situata tra la Groenlandia e l'Islanda, perchè, circa diecimila anni fa, un improvviso rallentamento del suo ritmo provocò uno dei cambiamenti più bruschi e drammatici della storia del clima:l'ultima glaciazione.


LA FORESTA:il secondo termostato naturale

La superficie terrestre pur sembrando un strato superficiale di terreno e di roccia, di foreste e di deserti,di neve e di ghiaccio, di acqua e di esseri viventi, ha la stessa indispensabile funzione protettiva dello strato cutaneo per l'uomo.

Appena al di sotto della superficie, le radici traggono il loro nutrimento dal suolo e, nel far questo, trattengono saldamente il terreno, permettendogli di assorbire l'umidità e impedendo al vento e alla pioggia di trasportarlo verso il mare. Al di sopra del suolo, le caratteristiche della superficie determinano la quantità di luce assorbita o riflessa, e pertanto contribuiscono a determinare il rapporto del pianeta col sole. Le parti della terra coperte di foreste svolgono un ruolo decisivo nel mantenimento della sua capacità di assorbire la CO2 dall'atmosfera, e si rivelano pertanto essenziali nel consolidare l'equilibrio climatico globale. Le foreste svolgono un ruolo importante nella regolazione del ciclo idrologico, stabilizzano e trattengono il suolo, riciclano gli elementi nutritivi e forniscono alle specie viventi un habitat più fertile che in qualsiasi altra parte della superficie terrestre. In effetti più della metà delle specie viventi della terra vive nelle foreste pluviali, e non è in grado di sopravvivere da nessun'altra parte. Per questo motivo la maggior parte dei biologi sostiene che la rapida distruzione delle foreste pluviali e, con essa, la perdita irreparabile delle specie viventi al suo interno, rappresentino il danno più grave che la natura stia attualmente subendo. A sparire insieme agli alberi e alle specie viventi, ci sono anche le ultime antiche società rimaste, si conta che siano ancora cinquanta milioni gli uomini che vivono ancora in condizioni tribali nelle foreste pluviali.

Nel mondo, sono rimaste tre grandi estensioni di foresta pluviale:quella amazzonica, la più vasta, quella centrafricana dello Zaire e dei paesi circostanti e, infine, le foreste pluviali dell'Asia sudorientale, che attualmente sono in gran parte concentrate in Papua Nuova Guinea, Malaysia e Indonesia. Oltre a questi tre grandi esempi numerose sono le altre piccole estensioni.

Ovunque si trovino, le foreste pluviali sono sottoposte a minacce. Vengono bruciate per far spazio ai pascoli o abbattute per ottenere legname. Le foreste di tutto il mondo stanno sparendo dalla faccia della terra ogni giorno che passa al ritmo costante di 0.6 ettari al secondo. E per numerose ragioni la distruzione delle foreste pluviali continua ad acquistare velocità: il rapido incremento demografico nei paesi tropicali sta premendo per l'espansione in aree marginali; le carenze di combustibile nel terzo mondo, che colpiscono, secondo le stime, un miliardo di persone, conducono molti a devastare le foreste circostanti; i debiti sempre crescenti dei paesi in via di sviluppo verso quelli industrializzati spinge allo sfruttamento di tutte le risorse naturali disponibili.

Secondo uno studio compiuto dal Centro ecologico Waderbridge in Inghilterra, gli scienziati che lavorano in Costa d'Avorio, nell'Africa sub-sahariana, hanno registrato differenze incredibili tra i ritmi di erosione prima e dopo la deforestazione. Persino sui pendii ripidi, l'indice di erosione del suolo nelle zone coperte da foreste era di 0.03 tonnellate per ettaro per un anno. Ma una volta disboscato il terreno, l'indice è aumentato fino a 80 tonnellate per ettaro. Si calcola per esempio che l'India perda attualmente più di 5 miliardi di tonnellate di strato superficiale del suolo per anno, in gran parte come conseguenza diretta della deforestazione.

Alla deforestazione si aggiunge anche il problema degli incendi. Ogni anno migliaia di incendi fanno si che le foreste non assorbano più CO2 e nello stesso momento immettono enormi quantità di anidride carbonica nell'atmosfera. Gli incendi occupano una posizione di rilievo nell'introduzione di biossido di carbonio nell'atmosfera con oltre il 30 per cento.

Dopo la deforestazione, il problema più evidente per la superficie delle terre emerse è la desertificazione, soprattutto di quelle zone che si trovano ai margini dei deserti. Benché la fluttuazione sia tipica, non vi è una continua avanzata del deserto, in questi ultimi anni abbiamo assistito ad un significativo aumento delle terre coperte dalla sabbia del deserto o in via di desertificazione. Ai margini dei deserti sono in aumento le popolazioni nomadi, impoverite, che raccolgono legna da ardere e conducono al pascolo le mandrie scheletriche, impoverendo ancor più la terra e favorendo l'inesorabile avanzata del deserto, soprattutto in quelle annate durante le quali le precipitazioni sono state eccessivamente scarse.

In Mauritania, per esempio, l'avanzata del deserto è stata talmente rapida che gli edifici sono stati completamente travolti dalle dune di sabbia che si spingevano verso sud alla velocità di diversi chilometri all'anno.

Il sahara è sempre stato uno dei deserti in cui le contrazioni e le espansioni avvenivano in maniera regolare, e quindi la superficie che esso occupava era pressoché costante. Da quasi mezzo secolo le estensioni hanno superato di gran lunga le contrazioni favorendo l'avanzata del deserto.


Oggi a causa delle annate calde e secche, il processo di desertificazione sta avanzando in Europa, soprattutto in Spagna ed Italia.

Bisogna dire che il primo deserto europeo si trova attualmente nel Caucaso, poiché il terreno ha subito uno sfruttamento eccessivo e senza precedenti dovuto al pascolo di enormi greggi di pecore, cosa che è stata tenuta nascosta al governo di Mosca fino a che i pianificatori centrali del Cremlino non sono venuti a conoscenza del fatto grazie a foto scattate da satellite.

Come le zone di confine con i deserti, anche le aree montuose dei Paesi in via di sviluppo hanno un tipo di terreno particolarmente esposto al degrado. Anche lì, le popolazioni in rapido aumento mettono sotto pressione la fragile ma indispensabile copertura vegetale che per millenni ha protetto i sottili terreni dall'erosione. In queste zone è particolarmente importante l'assorbimento dell'acqua piovana da parte della vegetazione, poiché l'acqua in eccesso può subito acquistare velocità e forza se viene lasciata defluire senza ostacoli lungo i ripidi pendii, scavando profondi canali e trascinando via il fragile strato superficiale del suolo.

Una parte del danno peggiore si sta verificando nelle nazioni himalaiane del Nepal, del Bhutan, del Tibet, e in varie zone dell'India tra cui il Sikkim e il Kashmir. Queste terre montuose, tra le più belle della terra, vengono ora devastate per soddisfare per un breve periodo i bisogni di una generazione. Questa devastazione ha effetti di vasta portata. I giganteschi fiumi che fanno defluire dalla catena dell'Himalaya la neve sciolta e l'acqua piovana stanno ora riempiendosi di limo e perdendo la capacità di accogliere nei loro alvei lo stesso volume d'acqua che un tempo trasportavano facilmente fino al golfo del Bengala e al Mar Cinese Meridionale. Non più ripulite in maniera efficiente, queste zone sono ora abitualmente esposte a terribili inondazioni.

Esistono vari esempi di tutto ciò.

L'inondazione in Bangladesh del 1991 dove morirono 143mila persone. Più recentemente il passaggio del ciclone Nargis in Birmania il 5 Maggio 2008 dove vi fuorono 15 mila morti e oltre 30mila furono i dispersi, o ancora l'inondazione seguita da frane e smottamenti del 9 Giugno 2008 nel Midwest che ha provocato ingenti danni al governo americano.


METANO     

Il metano è un idrocarburo semplice (CH4),  un gas serra presente nell' atmosfera in concentrazioni molto inferiori a quelle della CO2 ma con un potenziale di riscaldamento globale ben 20 volte superiore.

La sua concentrazione nell'atmosfera è aumentata da 700 ppb (parti per miliardo) nel periodo  - d.c a 1.750 ppb nel  , con un incremento del 150 per cento. Il metano è responsabile del 20 per cento dell'incremento dell'effetto serra. Questo problema non è meramente ipotetico.

La Siberia è una delle regioni che sembrano riscaldarsi più velocemente, alla base di questo fenomeno retroattivo sta la maggiore concentrazione di metano proprio in quella parte del mondo.

Il fenomeno delle "nubi nottilucenti" che si verifica tra la mesosfera e la mesopausa era poco tempo fa un evento raro, appariva ogni tanto quando la terra era ammantata dalle prime tenebre della sera.

Oggi la presenza eccessiva di metano porta più vapore acqueo negli strati superiori dell'atmosfera, dove esso si concentra ad altezze elevate, formando nuvole che i raggi del sole continuano a colpire anche molto dopo il tramonto.

Il metano tra tutti i gas serra è tra quelli che hanno subito ultimamente l'aumento più rapido e si trova al terzo posto, dopo l'anidride carbonica e il vapore acqueo.


DUST BOWL

Il dust bowl fu un fenomeno provocato da un uso sconsiderato della terra. Durante gli anni venti in America, si verificò in tutti gli stati delle High Plains(regione di steppe e praterie che si estende ad est delle Montagne Rocciose negli Stati Uniti, nel Canada e anche in Messico) una rivoluzione agricola. La meccanizzazione portò all'avvento del trattore, della mietitrebbia, dell'aratro a disco e dell'autocarro. Questi strumenti, a loro volta, portarono alla grande aratura della fine degli anni venti. Gli esperti ritenevano a torto che, arando più volte la terra fino a farla diventare liscia e a ridurla in polvere, la si rendesse più capace di assorbire e trattenere l'acqua piovana. La ricerca agronomica, concentrandosi su modi diversi di aumentare l'assorbimento dell'acqua, trascurò completamente il problema dell'erosione ad opera del vento, che gli stessi cambiamenti dei metodi agricoli resero una minaccia molto più grave. Per qualche anno si registrarono raccolti record e a dimostrazione della scarsa lungimiranza umana, le prime avvisaglie dell'erosione da parte del vento vennero completamente ignorate. A questo inadeguato utilizzo delle nuove tecnologie si aggiunse la perdita delle vecchie abitudini come la rotazione delle colture. Il terreno fertile delle Grandi Pianure era esposto a profonde arature che finirono per distruggere l'erba che ne assicurava l'idratazione. Gli anni successivi 1930-1931 vennero segnati da grandi precipitazioni ma i raccolti furono comunque da record. Nel marzo del 1932 cominciarono a soffiare dei forti venti che distrussero lo strato superficiale del suolo. Successivamente le piogge primaverili risultarono insufficienti e all'inizio dell'estate le inondazioni prodotte dalle forti piogge erosero il suolo. In tal modo l'autunno si fece arido ed in inverno molti dei campi che avevano fatto risultare raccolti record, furono abbandonati. Così le grandi tempeste di polvere ebbero inizio nel gennaio del 1933 e proseguirono alternativamente per più di quattro anni distruggendo i raccolti e mettendo a dura prova l'ormai devastato terreno agricolo. Di lì a poco vennero aperti ospedali di emergenza per casi di malattie bronchiali e respiratorie, come la pneumoconiosi, provocate dalla continua inalazione di polvere.

Il dust bowl associato alla grande depressione del 1929 segnò per un buon periodo la storia americana di molti e gravi problemi economici e sociali. Tali disagi portarono ad una revisione più complessa del welfare state, il New Deal messo a punto da Freanklin Delano Roosevelt, il trentaduesimo presidente degli Stati Uniti d'America.



CLORO

Il cloro(cl) presente in parte nell'atmosfera terrestre ha avuto un aumento negli ultimi quarant'anni del 600 per cento sia nei paesi produttori di clorofluorocarburi (CFC) sia nell'aria di ogni altro paese.

L'aumento dei livelli di cloro altera il funzionamento del meccanismo attraverso il quale la terra regola la quantità di radiazioni che dal sole trapelano verso l'atmosfera fino alla superficie del pianeta; se avverrà una ulteriore crescita di cloro nell'atmosfera, l'umanità sarà costretta ad affrontare una nuova minaccia alla propria sopravvivenza.

Come un acido, esso produce un buco sopra l'Antartide nello scudo protettivo di ozono che circonda la terra, e riduce lo strato di ozono in tutto il mondo.


IL BUCO NELL'OZONO

Comunemente si definisce buco nell'ozono(O3) la riduzione temporanea dello strato di ozono(ozonosfera) che avviene ciclicamente in primavera nelle regioni polari.

A partire dagli anni Ottanta si è costatato che questo fenomeno si verificava con molta più forza, ovvero l'assottigliamento dello strato di ozono, in particolare sopra l'Antartide, era più significativo.

Una superficie di ozono più sottile permette ad una quantità maggiore di radiazioni ultraviolette di colpire la terra e, di conseguenza, tutte le creature viventi che si trovano su tale superficie o vicino ad essa.

Parecchie forme di vita sono vulnerabili ai forti aumenti di queste radiazioni, comprese molte piante che normalmente eliminano dall'atmosfera enormi quantità di CO2 tramite la fotosintesi clorofilliana. Ma oggi esistono le prove scientifiche che queste piante, quando vengono esposte ad una maggiore quantità di radiazioni ultraviolette, non riescono più a praticare allo stesso ritmo la fotosintesi, facendo pertanto salire i livelli di anidride carbonica nell'atmosfera. Anche noi siamo colpiti dalle radiazioni ultraviolette. Tra le conseguenze più note, si registrano i tumori della pelle e la cataratta.

Nel Queensland, nell'Australia nord-orientale, per esempio, più del 75 per cento dei cittadini che hanno raggiunto l'età di sessantacinque anni soffre di qualche forma di tumore della pelle e i bambini devono indossare per legge ampi cappelli e portare foulard attorno al collo per proteggersi dalle radiazioni ultraviolette.

In Patagonia, l'estremo sud dell'america meridionale, i cacciatori dicono di imbattersi in conigli ciechi; mentre i pescatori pescano salmoni ciechi.

Oltre a provocare vari tipi di tumori, i raggi ultravioletti hanno effetti anche sul sistema immunitario umano, sono addirittura in grado di sopprimerlo, favorendo l'aumento della nostra vulnerabilità rispetto alla comparsa di nuove malattie specifiche di tale sistema.


Ogni anno, nei mesi di settembre e ottobre, appare un enorme buco nell'ozono stratosferico sopra l'Antartide. Le sostanze chimiche che provocano la riduzione dell'ozono, come i Clorofluorocarburi (CFC), hanno un impatto molto maggiore sullo strato di ozono che si trova sopra l'Antartide per tre motivi.

In primo luogo, essendo l'aria sopra l'Antartide molto più fredda rispetto a qualsiasi altra zona della terra, le nuvole si formano ad altitudini molto superiori, e ciò provoca l'introduzione nella stratosfera di minuscole particelle di ghiaccio composte di acido nitrico (HNO3) e acqua, proprio dove si trova lo strato di ozono. Per il cloro presente nei CFC, distruggere le molecole di ozono in presenza di questi cristalli di ghiaccio è più facile.

In secondo luogo, sopra l'Antartide i forti venti formano una struttura circolare che somiglia ad un vortice. Questo trattiene la freddissima miscela chimica(cloro, bromo, ozono e cristalli di ghiaccio) come in una coppa, finché non sorge il sole.

In terzo luogo, quando sorge il sole, termina l'oscurità della notte Antartica, che dura sei mesi, e che a settembre, poco prima dei sei mesi di sole del giorno antartico, causa le temperature più fredde, le nubi più alte e il più forte vortice di venti.

Quando i primi raggi di quell'alba lungamente attesa colpiscono la coppa ghiacciata di ozono e cloro, innescano una reazione a catena che distrugge l'ozono, e praticamente tutto il gas all'interno della coppa viene divorato dal cloro e dal bromo.

E' questo il momento in cui appare il buco nell'ozono. Gradualmente, man mano che il sole costantemente riscalda l'aria dell'Antartide, i venti si calmano e la coppa si sfalda, mentre quella proveniente dalle altre zone del mondo trabocca dai lati e va a riempire il buco. Nel corso di questo processo, la concentrazione di ozono del resto del mondo si diluisce, a causa dell'aria povera di ozono che scaturisce dalla coppa e che si mescola con quella esterna ricca di ozono.

Da quando si è scoperto, il buco dell'ozono si è sviluppato quasi ogni anno, e ora copre un'area tre volte superiore a quella occupata dagli stati uniti. Malauguratamente gli scienziati hanno scoperto che un caso analogo si sta verificando nell'Artide, anche se con diverso sviluppo.

Dagli anni Ottanta ad oggi senza contare il fenomeno dell'Artide, l'ozono presente nella stratosfera si è ridotto di quasi il 10 per cento. 

Sebbene altre sostanze chimiche abbiano contribuito alla crisi dovuta alla riduzione dell'ozono, il danno principale è stato compiuto dai CFC.

Il fatto che i CFC siano stati prodotti per meno di sessant'anni e tuttavia abbiano avuto un impatto così travolgente sull'atmosfera dovrebbe farci chiedere quanti degli altri ventimila nuovi composti chimici introdotti, in uso ogni anno possano, se prodotti in grandi quantità, provocare altri cambiamenti significativi nell'ambiente. Assai pochi di questi nuovi composti chimici vengono sperimentati abbastanza a lungo per poterne scoprire gli eventuali effetti ambientali prima che se ne faccia uso, anche se, paradossalmente, proprio i CFC furono sottoposti a questo tipo di verifica.



OSSIDAZIONE

La nostra tendenza a trascurare l'effetto di qualsiasi cambiamento chimico nell'atmosfera è stata anche la causa di un'altra minaccia strategica. Normalmente, l'atmosfera si ripulisce dai gas e dalle particelle che interferiscono con il suo sano funzionamento. Attraverso un processo chiamato ossidazione, sostanze come il metano e il monossido di carbonio reagiscono chimicamente con un "detergente" naturale noto come ossidrile. Ma oggi stiamo introducendo negli strati più alti dell'atmosfera così tanto monossido di carbonio da cominciare a sopraffare la piccola quantità di ossidrile disponibile. E poiché l'atmosfera utilizza la propria riserva di ossidrile prima per ripulirsi dal monossido di carbonio e in seguito per depurarsi dal metano, attualmente l'ossidrile viene consumato prima ancora di passare al metano. Come parziale conseguenza di questa situazione, è aumentata rapidamente la concentrazione di metano nell'atmosfera, e ora quest'ultimo si trova al terzo posto (dopo la CO2 e il vapore acqueo) tra i gas a effetto serra.

Attualmente molti scienziati ritengono che la perdita, da parte dell'atmosfera, della propria capacità di autoripulirsi rappresenti una minaccia strategica che potrebbe, in definitiva, rivelarsi altrettanto grave della riduzione dell'ozono, perché attacca quello che, in un certo senso, si può definire il sistema autoimmunitario dell'atmosfera stessa.



SE LA SORGENTE SI PROSCIUGA: le risorse idriche

Tra le crisi globali conseguenti all'effetto serra vi è la minaccia strategica rappresentata dalle risorse idriche.

Il primo problema al sistema idrico globale è la distribuzione delle scorte di acque dolci. Non tutti gli abitanti del globo godono della stessa quantità di acqua potabile. Anzi vi è una tale disuguaglianza che nei Paesi industrializzati possiamo permetterci di sprecarla, mentre nel terzo mondo miglia di bambini e adulti muoiono per la mancanza di acqua potabile.

La seconda e forse più largamente riconosciuta minaccia è costituita dall'innalzamento del livello del mare e dalla perdita delle belle aree costiere nelle varie parti del mondo. Dal momento che un terzo del genere umano vive entro sessanta chilometri dalla costa, il numero di profughi che si verrebbe a creare se il fenomeno continuasse a peggiorare sarebbe impressionante.

Il riscaldamento globale provoca l'innalzamento del livello dei mari in diversi modi. Le temperature medie più alte provocano lo scioglimento dei ghiacciai, il riversamento negli oceani del ghiaccio delle calotte dell'Antartide e della Groenlandia, nonché la dilatazione termica del volume del mare man mano che le sue acque si riscaldano. Lo scioglimento della crosta di ghiaccio che ricopre il Mar Glaciale Artico e degli Iceberg dell'Atlantico settentrionale, non influirà sul livello del mare, poiché la loro massa sta già spostando una quantità di acqua marina equivalente.

La gran parte di ghiaccio sulla terra si trova in Antartide e nella Groenlandia quello in gran parte non è marino, ma è posto sulla superficie di diverse isole ed è in grado, se si sciogliesse, di arrecare gravi disagi globali. Gli effetti di tale scioglimento si sono verificati di recente.

Si può ricordare nell'estate del 2002 la rottura della Ward Hunt Ice Shelf , la più grande barriera di ghiaccio del Artico. Più indietro nel tempo, nel 1991, venne ritrovato nelle Alpi "l'uomo di quattromila anni fa", apparso all'improvviso quando per la prima volta dalla sua scomparsa, il ghiaccio si è ritirato.

Una terza minaccia strategica al sistema idrico terrestre comporta ingenti cambiamenti nelle modalità di sfruttamento della terra, soprattutto per quel che riguarda il diffuso disboscamento. La distruzione di una foresta può incidere sul ciclo idrologico (il sistema naturale di distribuzione dell'acqua) in una determinata zona con la stessa inesorabilità della scomparsa di un vasto mare interno. C'è più acqua immagazzinata nelle foreste, soprattutto in quelle pluviali, che nei laghi della terra. Le stesse foreste producono nubi di pioggia, in parte a causa dell'evaporazione.

La quarta minaccia strategica al sistema idrico globale è rappresentata dalla contaminazione delle risorse idriche di tutto il mondo, dovuta agli inquinanti chimici prodotti dalla civiltà industriale.

Moltissimi sono gli esempi, come i grandi disastri delle navi petrolifere(Exxon Valdez, Haven), l'incidente di Yucca Mountain nel quale vennero inquinate le faglie freatiche da scorie nucleari, Love Canal, le grandi quantità di PCB(policlorobifenili) e DDT(diclorodifeniltricloroetano) che dal 1939 inquinano il nostro ambiente poiché utilizzati come insetticidi su vasta scala.

La quinta minaccia è la rapida crescita demografica, soprattutto nel terzo mondo. L'incremento demografico come più volte ripetuto è un grave problema per la popolazione mondiale.









LA TERRA DESOLATA

Uno dei più chiari segni della grave crisi del nostro rapporto con l'ambiente è la moltitudine di rifiuti scaricati dalle città e dalle fabbriche. Quella che qualcuno ha definito "la società dello spreco" è fondata sul presupposto che risorse inesauribili ci permettono di produrre una quantità infinita di beni, e che dei recipienti senza fondo (ossia le discariche a terra e gli scarichi in mare) ci permettano di sbarazzarci di una marea senza fine di rifiuti. Dopo aver fatto affidamento per troppo tempo sulla vecchia strategia "lontano dagli occhi, lontano dal cuore", ormai non sappiamo più dove sistemare i nostri rifiuti in modo da tenerli lontani sia dagli occhi sia dal cuore.

All'improvviso, rimaniamo sconcertati, persino offesi, quando le enormi quantità di rifiuti, di cui pensavamo esserci liberati, reclamano tutto ad un tratto la nostra attenzione perchè le discariche straripano, gli inceneritori contaminano l'aria e le comunità e gli stati vicini tentano di scaricare su di noi i loro problemi di rifiuti in eccesso.

Esiste solo una via d'uscita: dobbiamo, innanzitutto, modificare i nostri processi produttivi e ridurre drasticamente la quantità di rifiuti che creiamo, nonché decidere in anticipo in che modo intendiamo riciclare o isolare quelli che continuano inevitabilmente ad essere prodotti.

Probabilmente la prova più evidente della crisi è rappresentata dal problema di come smaltire le montagne di rifiuti solidi urbani, che, per esempio, in America vengono prodotti al ritmo di 2.3 chili al giorno a testa. Ma esistono altri due tipi di rifiuti che presentano sfide altrettanto difficili.

Il primo tipo è costituito da quei materiali, fisicamente pericolosi e politicamente esplosivi, noti come rifiuti pericolosi, che accompagnano la rivoluzione chimica dagli anni trenta e che, attualmente, gli Stati Uniti producono grosso modo in quantità pari a quelle dei rifiuti solidi urbani.

In secondo luogo, ogni settimana, per ogni uomo, donna o bambino, si crea una tonnellata di rifiuti solidi industriali, senza contare i rifiuti gassosi che vengono continuamente rilasciati nell'atmosfera(ogni persona in America produce una media di venti tonnellate di anidride carbonica ogni anno).

Alla fine molti rifiuti organici si decompongono, ma durante questo processo generano una grande quantità di metano, che rappresenta una minaccia di esplosioni e di incendi sotterranei nelle discariche più vecchie, non munite di sfoghi adeguati ne sufficientemente controllate, ma soprattutto va ad incrementare ulteriormente la concentrazione di questo gas serra nell'atmosfera.




Affinché il riciclaggio possa aver successo, è necessario qualcosa di più dell'entusiasmo individuale. Dobbiamo cambiare il sistema, e i processi che coinvolgono tutti noi.

Deve cambiare anche il modo di pensare. Non possiamo limitarci a produrre quantità sempre maggiori di rifiuti e a scaricarle nell'ambiente facendo finta di nulla.






CONCLUSIONE:


A mio avviso deve entrare nelle nostre case una sorta di "cultura ambientalista" che muova l'animo di ognuno verso una presa di coscienza universale.

La svolta è possibile solo se tutti mettessero da parte gli interessi personali per un bene comune, e per fare ciò servono dei processi produttivi, rispettosi dell'ambiente, che garantiscano la stessa condizione attuale e quindi gli stessi profitti. Non è facile affrontare una crisi ambientale di tali proporzioni, ma sono convinto che se tutti partecipassimo attivamente potremmo riuscire a limitare i suoi effetti. In fondo non è di certo la prima crisi su vasta scala che l'umanità è costretta ad affrontare e probabilmente non sarà nemmeno l'ultima. E' compito di tutti garantire alle future generazioni un ambiente sano in cui vivere, non possiamo abusare dell'avvenire altrui.

Per questo motivo dobbiamo da subito lavorare sui programmi per la produzione di energia con processi alternativi, e per lo sfruttamento di risorse rinnovabili; affinché non si raggiunga quel fatidico punto di non ritorno già preannunciato dagli scienziati più pessimisti o, se vogliamo, più realisti.






"L'epoca della procrastinazione, delle mezze misure, del mitigare, degli espedienti inutili, del differire sta giungendo al termine. Ora stiamo entrando nell'epoca dove ogni azione causa conseguenze"


Winston Churchill





BIBLIOGRAFIA




Al Gore, La terra in bilico, Milano, 2008, saggi Bompiani

Massimo Crippa - Marco Fiorani, Geografia generale, Milano, 2006, Arnoldo Mondadori Scuola.





Sono inoltre stati consultati vari siti internet ove è stato possibile rivavare le immagini proposte, consultare dati ufficiali, leggere opinioni, ricavarne impressioni;



www.wikipedia.org

www.greenpeace.org

www.climatecrisis.net

Images.google.com

Enciclopedia multimediale Encarta

Enciclopedia multimediale Omnia



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