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Localizzazione e Delocalizzazione




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Localizzazione e Delocalizzazione








LOCALIZZAZIONE:

ossia il luogo dove le imprese sorgono e svolgono le loro attività, non è stabilita casualmente, ma tenendo conto di un insieme di fattori che rendono opportuna la scelta di un certo territorio piuttosto che un altro.

I condizionamenti personali o familiari che influenzano l'ubicazione delle imprese in piccole dimensione a carattere artigianale, mentre le imprese medio - grandi dimensioni devono tenere in considerazione non soltanto i vincoli tecnici legati a particolari processi di fabbricazione ma anche :


  • alle caratteristiche geografiche del territorio e la stabilità politica;
  • l'esistenza di infrastrutture, come strade, ferrovie, aeroporti, interporti e reti di comunicazione telefoniche;
  • l'esistenza di strutture sociali come scuole e ospedali;
  • la vicinanza ai mercati di approvvigionamento delle materie prime e ai mercati di sbocco dei prodotti;
  • la presenza di manodopera specializzata e il livello del costo del lavoro;
  • la possibilità di reperimento dell'informazione ai fini della diffusione delle innovazioni tecnologiche e organizzative, come per esempio la vicinanza a istituti di ricerca, università, centri di formazione personale ecc.;
  • la disponibilità e facilità di accesso ai servizi reali offerti dalle imprese, quali quelli connessi alle banche dati, alla certificazione di qualità, alla consulenza giuridica, alle ricerche di marketing e così via;
  • la possibilità di integrazione e interrelazione con le imprese non solo di servizi, come le aziende di trasporto, ma anche complementari e/o correnti.

La presenza delle condizioni sopra esposte facilita l'attività delle imprese industriali e, conseguentemente, lo sviluppo economico di un paese. A tale fine, sia lo Stato, sia gli enti pubblici locali offrono talvolta alle imprese anche facilitazioni fiscali o finanziarie per stimolare gli insediamenti industriali nelle zone più depresse.

Le aree industriali italiane di origine più recente si sono sviluppate senza un centro preciso e senza costi e gli inconvenienti sociali delle congestioni urbane che hanno caratterizzato le epoche precedenti.

L'estensione delle telecomunicazioni e della telematica, l'accesso alle banche di dati, lo sviluppo dei collegamenti aerei permettono oggi anche alle imprese più periferiche di comunicare con i mercati esteri e consentono quindi il decentramento della produzione.


DELOCALIZZAZIONE


Il basso costo della manodopera nei paesi del sudest asiatico, del Nord Africa e dell'Est ha comportato la delocalizzazione di molte attività industriali, che vi vengono trasferite dal Nord America e dagli Stati membri dell'U.E.

Molti prodotti industriali rappresentano oggi la sintesi di processi di lavorazione realizzati in nazioni diverse; può perciò accadere che un apparecchio, assemblato in Italia, sia stato progettato negli Stati Uniti e sia costituito da componenti fabbricati parte in Giappone,parte in Corea, parte in Germania.

Sul piano tecnico la delocalizzazione produttiva può attuarsi attraverso:


  • costituzione di proprie filiali nei paesi ove il costo del lavoro è più conveniente;
  • accordi di sub-fornitura con imprese specializzate che offrono parti componenti del prodotto finito a prezzi più vantaggiosi;
  • acquisizione di pacchetti azionari di imprese concorrenti o che producono beni complementari, spesso appositamente costituite, nel paese che offre le migliori opportunità.



Queste nuove tendenze hanno modificato i vecchi rapporti territoriali e hanno favorito le integrazioni tra le economie e la globalizzazione dei mercati, aumentando la competitività e privilegiando le imprese più innovative, disponibili ad alleanze strategiche internazionali, alla formazione di gruppi aziendali o ad attuare produzioni di outsourcing.


LA DELOCALIZZAZIONE DI ATTIVITA' PRODUTTIVE E LA PRODUZIONE INTERNAZIONALE INTEGRATA


Nel quadro di queste dinamiche geo - economiche, alcuni paesi si sono integrati in misura crescente nell'internazionalizzazione della produzione. Tra questi si sono distinte le "quattro tigri asiatiche": Corea del sud, Taiwan, Hong Kong e Singapore.

La Corea del sud è stata ammessa nel 1996 tra i paesi industriali dell' OCSE ed effettua essa stessa investimenti in alcuni paesi del "centro".

Taiwan è anch'esso un paese industrialmente avanzato, che in alcune produzioni ad alta tecnologia supera quelli del "centro".

Hong Kong e Singapore sono divenuti importanti centri produttivi, commerciali e finanziari non solo su scala regionale ma anche mondiale.

A questi si è aggiunta la Cina che, a partire dagli anni Ottanta, è entrata sulla scena dell'economia mondiale con l'immenso potenziale delle sue risorse umane e materiali, accresciutosi nel 1997 con il ritorno di Hong Kong alla Cina.

In molti casi, una determinata produzione è trasferita non in un solo paese ma in più paesi. Ad esempio società come la Nike e la Reebok, la cui casa madre è negli U.S.A., hanno concentrato la loro produzione di scarpe sportive- destinate ai mercati statunitensi, europei e giapponesi- in fabbriche subcontrattiste della Cina, dell'Indonesia e della Thailandia, dove il costo del lavoro è fino a 60 volte più basso che negli U.S.A.

Il processo di delocalizzazione avviene anche nel campo dei prodotti ad alta tecnologia: la Sony, il colosso giapponese dell'elettronica di consumo, realizza oltre metà della sua produzione all'estero, soprattutto negli Stati Uniti. Il trasferimento di tali produzioni non solo in paesi in via di sviluppo, ma anche in paesi economicamente sviluppati, rientra nella strategia di conquista del loro mercato interno evitando i dazi sui prodotti importati: a Charlotte, città statunitense del North Carolina, sono presenti circa 350 imprese giapponesi ed europee, tra cui una ventina italiane.

Si è contemporaneamente sviluppata la produzione internazionale integrata, consistente nel realizzare un determinato prodotto con parti fabbricate in paesi diversi e quindi assemblate.

Ne è un esempio la rete europea di produzione di una automobile della Ford Motor Company, le cui parti sono fabbricate in impianti situati in più paesi, e quindi assemblate.

Un altro esempio di produzione internazionale intefrata è quello dell'aereo passeggeri Airbus, fabbricato da più società riunite in consorzio: la francese Aèrospatiale, la tedesca Daimler Benz Aerospace, la britannica British Aerospace, la spagnola Construcciones Aeronauticas SA.

Alla produzione di alcuni modelli, come l'Airbus 330, partecipano anche altre società, tra cui la statunitense General Electric e la belga Belairbus.

Nel quadro di queste tendenze generali vi sono notevoli diversificazioni. Nei paesi sviluppati è il settore terziario ad attirare la maggior parte degli investimenti diretti esteri, seguito da quello secondario e dal primario; nei paesi in via di sviluppo viene invece al primo posto il settore secondario, seguito da quello terziario e primario.

A determinare la ridislocazione delle attività produttive non è singolarmente il capitale, né il lavoro, né la disponibilità di materie prime, né l'accesso ai mercati, ma la combinazione ottimale fra questi fattori.

Per realizzare tale combinazione, che permette di ottenere la massima produttività e quindi il massimo profitto, i gruppi transnazionali e anche aziende di minori dimensioni possono oggi utilizzare un arco di possibilità che si estende su scala globale: per attirare gli investimenti diretti esteri i paesi in via di sviluppo e quelli con economie in transizione si fanno concorrenza l'uno con l'altro nell'offerta di forza lavoro qualificata a basso costo, esenzioni fiscali, materie prime e sbocchi di mercato.

In tal modo, un grande gruppo transnazionale può estendere la sua struttura produttiva e commerciale ormai su scala globale.

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