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La disciplina della concorrenza




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La disciplina della concorrenza


LA DISCIPLINA DELLA CONCORRENZA                 A.
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LA DISCIPLINA DELLA CONCORRENZA


A. LA LEGISLAZIONE ANTIMONOPOLISTICA




Concorrenza perfetta e monopolio


Modello ideale del funzionamento del mercato sarebbe quello di concorrenza perfetta, ma irrealizzabile. Altra ipotesi sarebbe la situazione di oligopolio; ancora, un altro modello è il monopolio di fatto, in cui una sola impresa controlla tutta l'offerta di un dato prodotto.

La concorrenza deve svolgersi in modo da non ledere gli interessi dell'economia nazionale; il legislatore italiano:

a-     consente limitazioni legali della libertà di concorrenza e la creazione di monopoli legali in settori di interesse generale;

b-     prevede in determinati contratti il divieto di concorrenza fra le parti;

c-     consente limitazioni negoziali della concorrenza a ne subordina nel contempo la validità al rispetto di condizioni che non comportino un sacrificio della libertà di iniziativa economica attuale e futura;

d-     assicura il corretto svolgimento della concorrenza reprimendo gli atti di concorrenza sleale.

Nel 1990 è stata introdotta una normativa antimonopolistica nazionale, norme per la tutela della concorrenza e del mercato.

La disciplina italiana e comunitaria


La norma europea che disciplini la concorrenza è nata appena dopo la II guerra mondiale In Italia è in vigore dal 1/5/1999.

Si applica per la concorrenza effettuata tra due o più stati membri. La normativa europea ha comunque posizione preminente rispetto alla disciplina italiana, che si trova ad avere carattere residuale.


Le singole fattispecie. Le intese restrittive della concorrenza


Fenomeni rilevanti per la disciplina antimonopolistica nazionale e comunitaria sono tre:

a) intese restrittive della concorrenza comportamenti concordati fra imprese per limitare la prorpia libertà di azione sul mercato. Sono considerati in particolare intese:

accordi fra imprese

deliberazioni di consorzi, associazioni e imprese e altri organismi similari

"pratiche concordate" fra imprese.

Non tutte le intese anticoncorrenziali sono però vietate, ma solo quelle che falsino in maniera consistente il gioco della concorrenza. Sono lecite le c.d. intese minori. Le intese vietate sono nulle ad ogni effetto.


(segue) Abuso di posizione dominante e abuso di dipendenza economica


b) abuso di posizione dominante da parte di una o più imprese è vietato lo sfruttamento abusivo della posizione dominante raggiunta da un'impresa, con comportamenti lesivi dei concorrenti e dei consumatori, capaci di pregiudicare la concorrenza effettiva.

Ad un'impresa in posizione dominante è particolarmente vietato di:

imporre, direttamente o indirettamente, prezzi e altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose;

impedire, limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato;

applicare nei rapporti commerciali condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti;

subordinare la conclusione di contratti all'accettazione di prestazioni supplementari che non abbiano alcuna connessione con l'oggetto del contratto stesso.

Le sanzioni sono emesse dall'Autorità garante, che può anche disporre la sospensione dell'attività d'impresa fino a 30 giorni.


È oggi anche vietato l'abuso dello stato di dipendenza economica col quale s'intende la situazione in cui un'impresa sia in grado di determinare, nei rapporti commerciali con un'altra impresa, un eccessivo squilibrio di diritti e obblighi. Il patto col quale si realizza l'abuso di dipendenza economica è nullo.


(segue) Le concentrazioni


c) Si ha concentrazione quando:

due o più imprese si fondono dando luogo ad un'unica impresa;

due o più imprese, pur restando giuridicamente distinte, diventano un'unica entità economica;

due o più imprese indipendenti costituiscono un'impresa societaria comune.

Le concentrazioni costituiscono uno strumento utile di ristrutturazione e non sono di per sé vietate in quanto rispondono all'esigenza di accrescere la competitività delle imprese. Diventano illecite e vietate quando diano luogo a gravi alterazioni del regime concorrenziale del mercato (solo per quelle di maggior dimensione).

Concentrazioni che superino un determinato livello di fatturato devono essere preventivamente comunicate.

L'Autorità può vietare la concentrazione o può autorizzarla, può infliggere sanzioni pecuniarie. Diversamente dalle intese, le concentrazioni vietate comunque eseguite non sono nulle ma soggette a sanzioni.


  1. LE LIMITAZIONI DELLA CONCORRENZA

Limitazioni pubblicistiche e monopoli legali


Interventi del legislatore per limitare la concorrenza:



a)     Controlli sull'accesso al mercato di nuovi imprenditori;

b)     Ampi poteri di indirizzo e controllo dell'attività riconosciuti alla pubblica amministrazione nei confronti delle        imprese che operano in settori di particolare rilievo economico

c)     Articolato sistema di controllo pubblico sui prezzi di vendita.

L'art. 43 della Costituzione pone una serie di limiti al riconosciuto potere statale di creare monopoli pubblici. È necessario che la riserva di attività sia disposta con legge ordinaria e che il sacrificio della libertà di iniziativa risponda ai fini di utilità generale.


(segue) Obbligo di contrarre del monopolista


La normativa antitrust non trova applicazione quando la produzione di determinati beni o servizi è attuata in regime di monopolio legale. Il legislatore tuttavia tutela gli utenti contro possibili comportamenti arbitrari del monopolista. Il monopolista ha l'obbligo di contrattare con chiunque richieda le prestazioni che formano l'oggetto dell'impresa e l'obbligo di rispettare la parità di trattamento fra i diversi richiedenti.

L'obbligo di contrarre del monopolista e il corrispondente diritto soggettivo dell'utente sussistono per le richieste compatibili con in mezzi ordinari dell'impresa.

Il rispetto del principio della parità di trattamento comporta che il monopolista debba predeterminare e rendere note al pubblico le proprie condizioni contrattuali che sono in larga parte fissate in via legislativa o sottoposte a preventiva approvazione amministrativa.

Quello sopra detto valeva per il monopolio legale. Per il monopolista di fatto, che ha una posizione dominante seppur non goda di un regime di esclusiva. Questi deve stare attento a non abusare della sua posizione dominante verso gli utenti.


I divieti legali di concorrenza


Limitazioni, oltre che di natura pubblicistica, anche da parte del legislatore per la tutela di interessi patrimoniali e privati. Rientrano fra i divieti legali di concorrenza:

a)     l' "obbligo di fedeltà" a carico dei prestatori di lavoro che fa divieto agli stessi di trattare affari in concorrenza con l'imprenditore fin quando dura il rapporto di lavoro;

b)     divieto di esercitare attività concorrente con quella della società di cui si è socio a responsabilità illimitata;

c)     il diritto di esclusiva reciproca nel contratto di agenzia.


Limitazioni convenzionali della concorrenza


Il patto che limita la concorrenza deve essere provato per iscritto ed è valido solo se circoscritto ad un determinato ambito territoriale o a un determinato tipo di attività. Limite di durata: max 5 anni.

Si distinguono due diverse categorie di patti anticoncorrenziali: autonomi e accessori.

Come patti autonomi, possiamo identificare quei contratti che hanno come oggetto e funzione esclusivi la restrizione della libertà di concorrenza. Gli obblighi di non concorrenza possono essere a carico di una parte (restrizioni unilaterali) o di entrambe (restrizioni reciproche). Questi ultimi si definiscono solitamente cartelli o intese e possono essere di contingentamento, di zona, di prezzo.

Per le restrizioni reciproche di concorrenza invece le finalità di un cartello possono essere realizzate anche attraverso la stipulazione di un contratto di consorzio, tipico e specificamente regolato. Il contratto ha validità per 10 anni.

I patti accessori, invece, sono anche clausole accessorie di un contratto e possono intercorrere sia fra imprenditori in diretta concorrenza sia operanti a livelli diversi.

Alcuni di tali patti accessori (patti innominati) sono sottoposti a determinata disciplina:

la clausola di esclusiva che può essere inserita in un contratto di somministrazione;

il patto di preferenza a favore del somministrante inseribile nello stesso contratto di somministrazione (max 5 anni);

il patto di non concorrenza con il quale si limita l'attività del prestatore di lavoro per il tempo successivo alla cessazione del contratto. Il patto è nullo se non è stipulato per iscritto;

il patto col quale si limita la concorrenza dell'agente dopo lo scioglimento del contratto di agenzia. Tale patto deve essere fatto per iscritto e durata max 2 anni.

La disciplina dell'art. 2596 è applicabile solo ai patti accessori innominati.


C. LA CONCORRENZA SLEALE


10. Libertà di concorrenza e disciplina della concorrenza sleale


E' interesse generale che la competizione fra imprenditori si svolga in modo corretto e leale necessità di distinguere comportamenti leciti e leali da comportamenti sleali e vietati.

In generale, nello svolgimento della competizione fra imprenditori concorrenti è vietato servirsi di mezzi e tecniche non conformi ai principi della correttezza professionale. I fatti, gli atti e i comportamenti che violano tale regola sono atti di concorrenza sleale. Tali atti sono repressi e sanzionati anche se compiuti senza dolo o colpa e anche se non hanno ancora arrecato un danno ai concorrenti. Basta il cosiddetto danno potenziale. La disciplina della concorrenza sleale è una disciplina speciale rispetto a quella dell'illecito civile. I consumatori sono i soggetti che non devono essere tratti in inganno e perciò devono essere tutelati. Tuttavia, questi sono tutelati in maniera mediata e riflessa perché i soggetti legittimati a reagire contro atti di concorrenza sleale sono SOLO gli imprenditori concorrenti e le loro associazioni di categoria.





  1. Ambito di applicazione della disciplina della concorrenza sleale

La disciplina della concorrenza sleale regola i rapporti di coesistenza sul mercato fra imprenditori concorrenti. Per la sua applicazione, sono necessari due presupposti:



la qualità di imprenditore sia del soggetto che pone in essere l'atto di concorrenza vietato, dia del soggetto che ne subisce le conseguenze il soggetto passivo dell'atto di concorrenza sleale può essere esclusivamente un imprenditore.

L'esistenza di un rapporto di concorrenza economica fra i medesimi i soggetti attivo e passivo devono offrire nello stesso ambito di mercato beni o servizi destinati a soddisfare lo stesso bisogno dei consumatori o bisogni similari o complementari.


12.Gli atti di concorrenza sleale. Le fattispecie tipiche


Art. 2598 definisce i comportamenti di concorrenza sleale:

a)     atti di confusione ogni atto idoneo a creare confusione con i prodotti o con l'attività di un concorrente. Molteplici sono le tecniche che possono essere poste in atto e il legislatore ne individua 2 in particolare:

uso di nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi usati legittimamente da altri imprenditori concorrenti

imitazione servile: riproduzione delle forme esteriori dei prodotti altrui. L'imitazione deve riguardare elementi formali non necessari ma allo stesso tempo caratterizzanti.

b)     Atti di denigrazione e appropriazione di pregi altrui diffusione di notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull'attività di un concorrente, idonei a determinarne il discredito e l'appropriazione dei pregi degli altri concorrenti.  Comune a entrambe le fattispecie è il falsare gli elementi di valutazione comparativa del pubblico, con denigrazione e vanteria.

o      denigrazione: divulgazione di notizie screditatrici e pubblicità iperbolica

o      appropriaz. pregi: pubblicità parassitaria (mendace attribuzione di pregi) e pubblicità per riferimento (credenza che i propri prodotti siano simili a quelli di un concorrente con uso di espressioni come tipo, modello etc.).

Costituisce atto di concorrenza sleale ogni altro mezzo non conforme ai princìpi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l'altrui azienda.


(segue) Gli altri atti di concorrenza sleale


Tra gli altri atti di concorrenza sleale rientrano:

pubblicità menzognera: falsa attribuzione ai propri prodotti di qualità o pregi non appartenenti ad alcun concorrente. Illecita è anche la pubblicità menzognera non specificamente lesiva di un determinato concorrente.

Concorrenza parassitaria: sistematica imitazione delle altrui iniziative imprenditoriali.

Boicottaggio economico: rifiuto ingiustificato di un'impresa in posizione dominante di fornire i propri prodotti a determinati rivenditori, in modo da escluderli dal mercato.

Dumping: è la vendita sottocosto.

Storno di dipendenti: la sottrazione ad un concorrente di dipendenti o collaboratori autonomi qualificati attuata con mezzi scorretti.

Violazione di segreti aziendali: rivelazione a terzi delle informazioni aziendali segrete.


Le sanzioni


La repressione degli atti di concorrenza si fonda su due tipi di sanzioni:

a)     l'inibitoria diretta ad ottenere una sentenza che accerti l'illecito concorrenziale, ne inibisca la continuazione per il futuro e disponga a carico della controparte provvedimenti reintegrativi necessari per far cessare gli effetti della concorrenza sleale.

b)     Risarcimento dei danni il concorrente leso potrà anche chiedere il risarcimento dei danni. La colpa del danneggiante si presume una volta accertato l'atto di concorrenza sleale. Ci può essere la pubblicazione della sentenza in uno o più giornali a spese del soccombente.

L'azione per la repressione della concorrenza sleale può essere promossa dall'imprenditore o dagli imprenditori lesi. I singoli consumatori o le associazioni che li rappresentano NON sono legittimari a promuovere la repressione della concorrenza sleale.


La pubblicità ingannevole e comparativa


Punti salienti della disciplina legislativa in tema di pubblicità ingannevole: la pubblicità deve essere palese, veritiera, corretta, nonché chiaramente riconoscibile come tale.

È ingannevole qualsiasi pubblicità che in qualunque modo indice in errore o può indurre in errore le persone alle quali è rivolta e possa pregiudicare il loro comportamento economico o ledere un concorrente.

Ogni interessato può chiedere che siano inibiti gli atti di pubblicità ingannevole o di pubblicità comparativa ritenuta illecita e che ne siano eliminati gli effetti.


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