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Il Novecento: dalle avanguardie storiche alla pop art americana




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Il Novecento: dalle avanguardie storiche alla pop art americana


Il tema degli animali si evolve nel corso del Novecento in seguito alle fondamentali ricerche sulla forma, sul colore e sul movimento che hanno caratterizzato l'esperienza artistica delle avanguardie. Queste, a partire dal loro esordio nel 1905, con l'esposizione dei fauves al Salon d'Automne di Parigi, rivedono tutta la tradizione occidentale, orientando le loro preferenze verso l'arte gotica, Rubens, El Greco, l'arte popolare, le vetrate medievali delle grandi cattedrali e le sculture primitive. Vale la pena di ricordare il collezionismo, soprattutto dei pittori fauves e cubisti in Francia e della Brücke in Germania, che sin dal primo decennio del secolo raccoglievano presso gli antiquari statuette africane e polinesiane poiché vi vedevano realizzati quegli ideali di spontaneità, forza espressiva e sintesi della forma che la pittura accademica europea aveva perso da secoli e che essi si proponevano di recuperare. Il primo che affrontò sistematicamente nel nuovo secolo il tema degli animali, liberandolo da tutta quella sensibilità tardo romantica, che in Francia aveva già trovato altri epigoni, fu Henri Rousseau (1844-1910), detto il Doganiere per via del modesto lavoro di impiegato al Dazio di Parigi che esercitò dal 1870, al termine del conflitto franco-prussiano, al 1885, quando ottenne la pensione e poté dedicarsi alla sua vocazione artistica. Henri Rousseau si spinse oltre con le sue giungle fantastiche, dove compaiono animali impegnati in sanguinosi combattimenti in mezzo a una vegetazione incredibilmente rigogliosa; egli lega la rappresentazione degli animali al fascino dell'esotico resa attraverso una sensibilità ingenua, pura, infantile, naïf. Sapeva ricreare gli ambienti con la forza della fantasia, la potenza espressiva e la carica visionaria ancora attualissime di opere quali L'incantatrice di serpenti del 1907. pur non essendo un abile disegnatore, il Doganiere aveva un'ingenuità unica e un grande senso dei colori e del loro rapporto reciproco. Durante il 1912 alcuni dei più importanti protagonisti della scena europea - come Umberto Boccioni, Giacomo Balla, Henri Matisse e Franz Marc - si cimentarono con il tema degli animali realizzando opere di qualità altissima, talora vedendo gli animali come rappresentanti viventi delle forze vitali che muovono tutto il regno naturale, mentre altre volte questi vennero dinamizzati, oppure sintetizzati fino a raggiungere la loro forma essenziale. Una di queste opere è Elasticità, dove Boccioni ritrae un cavallo, uno dei soggetti preferiti dell'artista. Dai tempi di Città che sale - dipinto-manifesto del movimento di Marinetti - esso è l'animale futurista per eccellenza, in quanto meglio di ogni altro simboleggia la modernità e la forza del progresso. In Pittura e scultura futuriste Boccioni affermava: "Un cavallo in movimento non è un cavallo fermo che si muove, ma è un cavallo in movimento, cioè un'altra cosa, che va concepita ed espressa come una cosa completamente diversa. Si tratta di concepire gli oggetti in movimento oltre che nel moto che portano in sé. Cioè si tratta di trovare una forma che sia l'espressione di questo nuovo assoluto: la velocità, che un vero temperamento moderno non può trascurare. Si tratta di studiare gli aspetti che ha assunto la vita nella velocità e nella conseguente simultaneità"[1]. L'orfismo e il futurismo sono due componenti essenziali dell'opera del più grande pittore di animali del Novecento e pioniere dell'arte astratta, Franz Marc, nel suo famoso dipinto intitolato La tigre del 1912. il suo intento era, attraverso un profondo anelito panteistico, quello di immedesimarsi nelle sensazioni degli animali trasmettendole sulla tela attraverso una realtà cristallina, armonica e musicale, e uno spazio magico dalle luci incantate. Inoltre, insieme a Vasilij Kandinskij, egli è il fondatore dell'unico movimento d'avanguardia il cui nome abbia un nesso con quello di un animale: si tratta del Blaue Reiter ( Il cavaliere Azzurro). Terminata la prima guerra mondiale fece il suo esordio sulla scena della pittura europea il cosiddetto "ritorno all'ordine" - corrispondente all'affermarsi dei regimi totalitari in Italia e in Germania che, con le debite differenze, vedevano nell'antica Roma o nel mito dei Nibelunghi un ideale e modello comportamentale - che si manifestava come un'inversione di tendenza rispetto a quelle ossessive analisi sulla forma e sul colore intraprese dai pittori nei primi due decenni del Novecento. In questo periodo la scena internazionale era dominata dalle ricerche informali. L'informale - che deriva dal francese informel, termine usato dal critico Michel Tapié in Un Art Autre nel 1951 - era una tendenza artistica affermatasi nei primi anni cinquanta in Europa, America e Giappone. La pittura informale - indice di un clima di profonda sfiducia nei valori conoscitivi e razionali, seguito alla seconda guerra mondiale - si traduce nel rifiuto della forma sia figurativa sia non figurativa, attraverso un ritorno all'originalità dell'atto creativo con l'azione del dipingere. L'informale esplora anche le possibilità espressive della materia - compreso il colore, usato come pasta - che l'artista trasforma in oggetto d'arte. Verso la fine degli anni cinquanta, partendo dalla poetica informale, negli Stati Uniti si affermò un rinnovato interesse verso gli oggetti - e gli animali impagliati venivano considerati tali - che tornano come protagonisti in tele e sculture. Con la pop art americana - abbreviazione di "Popular Art", coniato nel 1955 da due studiosi inglesi, Leslie Fiedler e Reyner Banham, per designare l'universo dei mass media - l'interesse per gli oggetti diventa il tema dominante delle tele e delle sculture: in particolare quelli legati al fenomeno del consumismo, dal cartellone pubblicitario alle immagini della televisione o del cinema, dai rotocalchi ai fumetti, dalle inserzioni pubblicitarie alla moda. In Andy Warhol (1930-1987) - probabilmente il più importante artista pop - la produzione artistica partendo dagli oggetti di consumo s'incentrò presto sulla ripetizione di immagini ampiamente diffuse dai mezzi di comunicazione di massa. Egli si interessò anche agli animali che ripropose nelle sue opere vivacemente colorate secondo la propria fantasia, mediante l'uso di retini con campiture cromatiche piatte memore della lezione di Matisse. La serigrafia Zebra di Grevy, fa parte, con altri otto animali, della serie dedicata da Warhol nel 1983 alle Specie incontaminate. Questo lavoro fu commissionato a Warhol da Ronald e Frayda Feldman, attivisti politici e ambientali di lunga data e padroni di una galleria d'arte. Secondo i Feldman, l'idea del lavoro sorse in seguito ad alcune conversazioni avute con Warhol attorno a questioni ecologiche. Per Warhol anche gli animali, così come le persone, sono materialisticamente uguali alla loro immagine, alla loro superficie. Il significato della forma sembra non interessare più e viene annullato e ricondotto alla pura apparenza. Paradossalmente, però, i ritratti di Warhol nonostante la tecnica commerciale e ripetitiva della serigrafia, mantengono un carattere di unicità, nella scelta dei colori e nell'utilizzo originale. Con Warhol entriamo a titolo definitivo nell'odierna civiltà dell'immagine, con cui anche la rappresentazione degli animali in campo artistico è chiamata a confrontarsi, e quindi nella contemporaneità nel senso più stretto del termine.















U. Boccioni, Pittura e scultura futuriste, SE, Milano 1997.

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