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Le particelle mediatrici di campo




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Le particelle mediatrici di campo


Crisi della fisica classica

All'inizio del XX secolo a fianco della fisica classica, nacque e si sviluppò una nuova branca della fisica dedicata allo studio dell'infinitamente piccolo: la meccanica quantistica. Il nuovo oggetto di ricerca è il comportamento dei più piccoli costituenti della materia come le molecole, gli atomi, gli elettroni. Le leggi classiche della meccanica non riescono più a   descrivere le proprietà di tali componenti visto che essi modificano il loro stato dinamico variando la posizione, la quantità di moto e l'energia in maniera discreta, cioè "a scatti". Il termine "quanto" indica proprio una grandezza fisica che varia in maniera discreta.



Nel 1910, Millikan misurò il "quanto" di carica elettrica corrispondente alla carica elementare dell'elettrone. L'anno successivo, Wien determinò la massa più piccola, quella del protone, considerato quanto di massa. Il "quanto" per eccellenza è però il "quanto" di energia di cui si occupò Max Planck. Il fisico tedesco, studiando la radiazione del corpo nero (cioè un corpo capace di assorbire tutte le radiazioni che riceve), si accorse che le curve sperimentali non concordavano con quelle teoriche e assomigliavano piuttosto alle curve relative alla velocità delle molecole di un gas. Ritiene che ci si può liberare dai paradossi che infestano la teoria classica dell'emissione e dell'assorbimento della luce da parte dei corpi solo se si pone come postulato che l'energia della luce può esistere soltanto sotto forma di "pacchetti" definiti, limitati proprio come piccoli granuli di materia sono le molecole di un gas. Tali "pacchetti" sono detti "quanti" e il contenuto di energia di ciascuno è E=hv con h detta costante di Planck(6,64 J/s) e v frequenza della luce. I "quanti" verranno in seguito riproposti da Einstein per spiegare l'effetto fotoelettrico definito come un fenomeno fisico per il quale un metallo irraggiato libera un certo numero di elettroni detti fotoelettroni. Einstein spiegò tale fenomeno ipotizzando che ciascun elettrone può essere emesso solo quando l'urto di un singolo fotone riesce a cedere una quantità di energia almeno sufficiente a strappare l'elettrone dalla superficie del metallo. Questo particolare valore dell'energia è detto lavoro di estrazione, definito come W=eV con V detto potenziale di estrazione. Per potere rivelare almeno un fotoelettrone, il fotone incidente deve avere un'energia hf superiore a W, ossia una frequenza superiore a un valore di soglia uguale a: f=W/h.  L'equazione che lega l'energia cinetica del fotoelettrone alla frequenza del fotone e al lavoro di estrazione è detta equazione di Einstein dell'effetto fotoelettrico: hf=E+W. L'energia messa a disposizione dalla radiazione incidente è quella del fotone hf: questa è usata in parte per sfuggire al legame del metallo (W) mentre la parte residua costituisce l'energia cinetica E del fotoelettrone.


Le particelle elementari


Nella parte relativa alla teoria del Big Bang abbiamo già incontrato alcuni tipi di particelle: sappiamo che l'atomo è costituito da tre tipi differenti di particelle, i protoni e i neutroni, che formano il nucleo, e gli elettroni, che completano la sua struttura interna. Tuttavia nel corso del '900 vengono scoperte numerose altre particelle e diventava perciò necessario cercare una struttura,un modello unificante per semplificare la descrizione. La materia e le interazioni fondamentali (esclusa la gravità) sono oggi descritte da un modello detto Modello Standard.

In natura esistono attualmente 12 particelle fondamentali non scindibili ulteriormente in altre particelle e sono rispettivamente 6 quark, 6 leptoni e le loro relative antiparticelle (presenza resa obbligatoria dalla teoria quantistica dei campi di Dirac).

I quark compongono protoni, neutroni ed un notevole gruppo di altre particelle denominate adroni.

Questi ultimi sono suddivisi in due sottogruppi:

-i barioni sono le particelle più pesanti e sono fermioni, cioè hanno spin (momento angolare intrinseco all'elettrone, può assumere il valore di +,-1/2) semintero poiché composti da tre quark.

-i mesoni sono le particelle di massa intermedia, compresa tra quella dei barioni e quella degli elettroni; sono bosoni, cioè hanno spin intero o nullo poiché composti da un quark ed un antiquark.

L'evidenza sperimentale suggerisce oggi l'esistenza di 6 varietà dei quark, dette sapori: u(up), d (down), s (strange), c (charm,incanto), b (bottom,basso)e t (top).I quark sono tutti fermioni e la loro caratteristica più sorprendente è la carica frazionaria, frazione della carica elementare del protone: ciò fa crollare l'ipotesi considerata valida fin dalla fine dell'800 che la più piccola carica elettrica esistente in natura fosse quella dell'elettrone. Essendo fermioni, i quark devono soddisfare il principio di esclusione di Pauli, secondo cui non possono esistere due quark con gli stessi numeri quantici uguali; viene allora introdotto un'altra proprietà, il colore ed il principio di esclusione è rispettato se tutti i quark costituenti una particella hanno colori differenti (R,G,B) in modo tale che il colore complessivo sia un colore nullo.

Le altre 6 particelle fondamentali che, a differenza delle altre non risentono dell'interazione forte, sono chiamati leptoni e sono tutti fermioni. Sono stati identificati sei tipi di leptoni:



-l'elettrone, il muone e la particella tau, che hanno una carica elettrica unitaria e negativa (uguale a quella dell'elettrone), mentre differiscono per la massa: l'elettrone è il più leggero e la tau è la più pesante

-tre neutrini elettricamente neutri.


Le interazioni fondamentali


Dopo aver descritto sommariamente le particelle "materia" oggi ritenute fondamentali, prendiamo ora in considerazione le quattro interazioni fondamentali, responsabili della struttura dell'universo: l'interazione forte, l'interazione gravitazionale, l'interazione debole e l'interazione elettromagnetica.

Nel corso dei XIX secolo, il concetto di azione a distanza tra masse e cariche è stato sostituito dal concetto di campo e secondo la teoria classica dei campi, le masse e le cariche creano il campo che si propaga fino a raggiungere in un tempo finito le altre masse o cariche sulle quali agisce. Ora nella teoria relativistica dei campi quantizzati, che è quella che descrive le interazioni tra le particelle, le interazioni avvengono per scambio di una o più particelle virtuali, i bosoni intermedi. Queste particelle virtuali, sono emesse e riassorbite dalle particelle interagenti; vivono per un tempo troppo breve per essere rivelate e sono considerate le mediatrici o "messaggere" delle forze.

L'interazione forte è la più intensa delle quattro interazioni fondamentali, agisce tra gli adroni ed è la forza che tiene uniti, per esempio, protoni e neutroni nei nuclei, vincendo la repulsione coulombiana tra i protoni. Si presenta come un residuo di quella che agisce tra i quark all'interno degli adroni stessi, è mediata dallo scambio di gluoni ed è descritta dalla teoria della cromodinamica quantistica (QCD). Due o più quark vicini, all'interno di un protone o neutrone, si scambiano incessantemente gluoni, creando un"campo di forza di colore"molto forte, che li lega ed impedisce ai quark di sfuggire.

L'interazione gravitazionale invece si manifesta tra tutte le particelle, siano esse dotate o meno di massa, e ha come mediatore, nella teoria quantistica dei campi, il gravitone, l'unica particella mediatrice la cui esistenza è stata prevista teoricamente ma non ancora confermata sperimentalmente.

L'interazione debole è responsabile dei decadimenti delle particelle e si manifesta tra tutte le particelle fondamentali, leptoni e quark. Avviene per scambio di tre tipi di particelle:

-i bosoni carichi W+ o W-, quando le particelle interagenti cambiano caricature

-il bosone neutro Z0, quando le particelle interagenti non cambiano carica.

I mediatori dell'interazione debole sono state scoperti nel 1984 da Carlo Rubbia e Simon van der Meer, vincitori del premio Nobel per la fisica. Tra tutte le particelle mediatici queste sono le uniche a non avere massa nulla; un esempio di interazione debole è il decadimento del neutrone che, con il cambiamento del "sapore" di un quark, dà origine a un protone ed il bosone W- decade in un elettrone e in un antineutrino.

L'interazione elettromagnetica  è responsabile della stabilità delle strutture atomiche e molecolari, delle reazioni chimiche e di molte forze che osserviamo nel nostro mondo come per esempio, le forze magnetiche o l'attrito. Si manifesta tra tutte le particelle elettricamente cariche e ha come particella mediatrice il fotone. Quando due elettroni si avvicinano e interagiscono si scambiano un fotone. Il fotone viene emesso e riassorbito dagli elettroni prima di poter essere rivelato: è il classico tipo di particella virtuale.

Per spiegare la provenienza dell'energia del fotone è necessario introdurre il principio di indeterminazione di Heisemberg del 1927, secondo il quale esiste una precisa relazione tra le indeterminazioni relative alla misura dell'energia e al tempo.

Secondo la meccanica classica è possibile determinare sia la posizione che la velocità di una particella in movimento. A livello atomico, invece, posizione e quantità di moto non possono essere specificate contemporaneamente con la stessa precisione. L'errore commesso viene determinato in base al principio di indeterminazione formulato nel 1927 da Werner Heisemberg. Può essere espresso matematicamente dalla relazione




nella quale:

y incertezza sulla posizione
py=incertezza sulla quantità di moto (velocità)
h = costante di Planck (che vale 6,6 x 10-34 Joule/sec.)


Il principio di indeterminazione può essere meglio compreso se si considera che per misurare la posizione di un oggetto microscopico (ad esempio un elettrone), è necessario investirlo con un raggio di luce (fotoni) che ne modifica inevitabilmente la velocità. Lo stesso si verifica se cerchiamo di determinare la velocità di una elettrone o di una qualsiasi altra particella. 
Oltre alla posizione e alla velocità della particelle, il principio di indeterminazione pone limiti anche alla misura simultanea di grandezze come l'energia e il tempo: se si cerca di determinare con precisione l'energia di una particella, diminuirà inevitabilmente il grado di accuratezza con cui conosciamo la sua durata, e viceversa:



Per un fotone virtuale l'indeterminazione nella misura dell'energia può essere uguale al valore stesso dell'energia del fotone. Misurare un intervallo di tempo molto piccolo significa avere grande incertezza sulle energie in gioco.


Negli anni Settanta viene proposta una teoria che unifica l'interazione elettromagnetica e l'interazione debole ad alte temperature: le due interazioni a distanze molto piccole e quindi ad altissime energie sono considerate come manifestazioni di un'unica interazione, definita elettrodebole. La rottura è dovuta ad un'ipotetica particella, il bosone di Higgs, a sua volta espressione di un campo scalare, il campo di Higgs: le diverse masse delle particelle campo delle due interazioni sono prodotte attraverso interazioni con il campo di Higgs. Secondo la teoria quantistica il vuoto è permeato di invisibili particelle che acquistano massa solo attraverso l'interazione con il campo di Higgs, che pervade tutto lo spazio.

Le teorie di grande unificazione (GUT) si propongono invece di descrivere le interazioni elettromagnetiche, deboli e forti con un'unica teoria. Secondo le GUT le differenti interazioni sono indistinguibili a energie molto elevate, raggiunte solo durante il Big Bang e le particelle mediatrici di questa nuova interazione unificata sono dette bosoni X; hanno la capacità di trasformare quark in leptoni e viceversa.



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