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Relatività galileiana e esperimento di Michelson e Morley




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Relatività galileiana e esperimento di Michelson e Morley


Il principio di relatività classico (o galileiano, o newtoniano) afferma che tutti i sistemi che si muovono di moto rettilineo uniforme (velocità costante) rispetto a un sistema di riferimento inerziale (ossia non soggetti all'azione di alcuna forza) sono anch'essi inerziali.

A fine Ottocento le nuove scoperte relative all'elettromagnetismo presentavano leggi non descrivibili con le teorie della meccanica classica in quanto sembravano non rispettare il principio di relatività galileiana: erano sorti gravi problemi di conciliazione tra la meccanica classica e l'elettromagnetismo. Infatti, pareva che la velocità della luce, pari circa a 300000 km/s, fosse la medesima indipendentemente dai vari sistemi inerziali di riferimento, ossia contraddiceva la relatività galileiana. Si era pensato quindi alla necessità di un sistema di riferimento privilegiato rispetto a cui riferire le leggi della fisica e in particolare la velocità della luce, e la scelta era caduta sull'etere, supporto elastico e immateriale che permeerebbe tutto l'universo, già ideato da Parmenide e da Aristotele per scongiurare l'esistenza del vuoto e poi diventato il mezzo per l'oscillazione della luce finchè Maxwell aveva scoperto che essa è invece l'oscillazione del campo elettrico.

Nel 1887, però, l'esperimento famosissimo dei fisici americani Albert Michelson e Edward Morley dimostrò definitivamente la non esistenza dell'etere. Poiché la Terra si muove nello spazio a circa 29 km/s, se esistesse l'etere che è immobile, allora, poiché la Terra vi transiterebbe attraverso, dovrebbe esistere un "vento d'etere" contrario al suo moto e in grado di alterare la velocità della luce. Essi crearono uno strumento chiamato interferometro costituito da due bracci perpendicolari di 15m circa con specchi alle estremità e sulla cui intersezione una sorgente emette luce. La luce riflessa dagli specchi ritorna alla sorgente; se le velocità sono diverse (a causa dell'attrito con l'etere) allora le onde sono sfasate e si verifica un'interferenza; se le velocità sono uguali le onde si intersecano in fase, e non vi è attrito con l'etere. L'esperimento, più volte ripetuto in tutte le direzioni, portò alla definitiva conferma che la velocità della luce è uguale in tutte le direzioni, e quindi non esiste l'etere. Questa scoperta portò a una crisi nei fondamenti della fisica.


Relatività ristretta o speciale

Tutte le contraddizioni alle quali conduceva il modo di ragionare della fisica classica furono spazzate via nel 1905 quando Albert Einstein pubblicò l'articolo Sull'elettrodinamica dei corpi in movimento sugli Annalen der Physik. Egli risolse ogni problema attraverso due postulati:

  1. le leggi della fisica sono le stesse in tutti i sistemi inerziali, ossia non esiste un sistema di riferimento privilegiato;
  2. la velocità della luce nel vuoto è c=300000 km/s indipendentemente dal moto della sorgente e dell'osservatore

Questi due postulati aprirono la strada a una serie di stupefacenti implicazioni:

  1. La velocità della luce è un limite invalicabile per la natura;
  2. il tempo diventa relativo: per un osservatore che si muove a velocità prossime a quelle della luce esso subisce una dilatazione e rallenta;
  3. lo spazio diventa relativo: per un osservatore che si muove a velocità prossime a quelle della luce esso si contrae;
  4. la massa è relativa secondo la celeberrima equazione E=mc^2, cioè variazioni di velocità si combinano a variazioni di massa a velocità prossime a quelle della luce.

Con i punti 2 e 3 viene giustificata definitivamente l'universalità delle forze elettriche e la connessione intrinseca tra spazio e tempo nel cosiddetto spaziotempo o cronotopo.

Le prove di questa teoria sono state trovate di recente; oltre a misurazioni ottenute tramite cronometri posti su aerei supersonici o su satelliti, è nota la prova che si basa sulla durata della vita dei muoni. Essi sono particelle costituite da combinazioni di quark con vita brevissima pari a un picosecondo. Si è scoperto che essi si formano nell'alta atmosfera a 40000km di altezza per effetto dei raggi cosmici e che la Terra ne è continuamente investita: questo sarebbe impossibile considerando la loro vita media perché dovrebbero decadere prima di toccare il suolo; invece, andando a velocità prossime a quelle della luce per i muoni il tempo si dilata e consente loro di percorrere tali distanze.


Relatività generale

Nel 1915-16 Einstein sentì il bisogno di estendere la relatività ristretta anche ai sistemi non inerziali. Per fare ciò egli enunciò il cosiddetto principio di equivalenza. Esso si basa sull'uguaglianza tra massa inerziale (che compare come attributo di proporzionalità tra forza e accelerazione) e massa gravitazionale (proprietà posseduta dai corpi in virtù della quale nascono le forze gravitazionali); conseguenza di ciò è l'impossibilità di distinguere tra gravitazione e moto non uniforme ossia l'equivalenza tra gravità e opportuna accelerazione. Da qui il principio di equivalenza: ogni sistema di riferimento inerziale, immerso in un campo gravitazionale uniforme, è del tutto equivalente a un sistema di riferimento uniformemente accelerato rispetto al primo nel quale non vi sia alcun campo gravitazionale. Il principio di equivalenza implica che nella logica relativistica non c'è più bisogno di una forza gravitazionale: la gravità diventa una proprietà geometrica dello spazio-tempo per cui la presenza di un oggetto massivo modifica le proprietà geometriche dello spazio incurvandolo e viceversa una curvatura dello spazio-tempo indica la presenza di un campo la cui sorgente è una massa. La curvatura influenza la dinamica degli oggetti e ogni qualvolta un corpo penetra in un campo gravitazionale esso si muove lungo la traiettoria più breve possibile, detta geodetica (in accordo con le neonate geometrie non-euclidee). Pertanto, la presenza di masse influisce pure sul rallentamento del tempo.

La teoria è stata confermata nel 1919 dalle osservazioni dell'astrofisico inglese Arthur Eddington; egli studiò, durante un'eclisse totale di Sole in Australia, la posizione delle stelle che in quel periodo si trovavano dietro al suo disco. Tali stelle risultavano spostate rispetto alla posizione che hanno quando non sono apparentemente vicine al Sole perché la loro luce subiva una deviazione transitandogli vicino, simbolo inequivocabile dell'incurvatura dello spazio prodotta dall'astro.




La relatività e la mancanza di un punto di vista privilegiato sul mondo, di uno spazio assoluto e di un tempo assoluto eran già stati teorizzati in filosofia circa un ventennio prima da Nietzsche.



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