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La raffigurazione della luna




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La raffigurazione della luna


In molte culture primitive si ritrova l'immagine della Luna legata a quella della pioggia e a quella della donna. Il rapporto è evidentemente dovuto ad un legame immaginario tra la fredda immagine della Luna e la fredda pioggia, tra la fertilità dei campi (che, come abbiamo detto, si ritiene, nelle credenze popolari, legata al ciclo lunare) e la fertilità femminile.

Identificando gli dei con i corpi celesti, gli antichi davano alla loro concezione religiosa un fondamento di eternità, legato alla natura celeste dell'astro. Per la mutabilità del suo aspetto durante le fasi - ora pallida, ora luminosa, ora invisibile - la Luna fu identificata con divinità femminili con attributi antitetici e ambigui: dea dell'amore e della morte, creatrice e distruttrice, tenera e crudele, protettrice e ingannevole. Nel mediterraneo i Cartaginesi la chiamavano Tanit e la raffiguravano con un'immagine femminile stilizzata tra gruppi di stelle.

Tanit, la dea lunare cartaginese

Dal nome con cui la chiamavano i Sumeri e poi i Fenici, Ishtar, si è passati al termine siriano Ashtart e poi a quello dei nomadi Arabi, Sin, che la adoravano sul monte che da lei prende nome, Sinai.

L'antica tradizione orale ebraica, invece, racconta di un donna amata da Adamo prima di Eva, il cui nome, Lilith, deriva sia da antiche divinità mesopotamiche che dalla radice del termine 'notte'. Gli Assiri, infatti, la rappresentavano circondata da animali notturni con l'appellativo di Luna nera.

Lilith, la Luna nera dei Semiti, che sarà identificata dai cristiani con un demone infernale, protettore delle streghe, a testimonianza della persistenza dei culti lunari fino al medioevo.

Nell'antichissimo Egitto aveva un doppio nome, Hator - Tefnut (nel primo caso -Luna piena- era una seducente fanciulla, nel secondo -Luna nuova- un leone). La sua nascita è spiegata da una leggenda:

La divinità celeste Nut sposò segretamente il dio della Terra (Geb), ma Ra, dio del Sole, formulò un incantesimo per il quale la dea Nut non avrebbe potuto procreare in nessuno dei dodici mesi dell'anno. Un'altra potente divinità, Thot, con una partita a dadi, sottrasse alla Luna cinque giorni, i quali non appartennero ad alcun mese. L'incantesimo di Ra era dunque rotto e Nut generò cinque figli. Uno di questi, Osiride, divinità talora impersonata nella Luna, sposò poi la sorella Iside insediandosi sul trono terrestre del padre Geb. Uno dei fratelli, Seth, lo uccise e ne smembrò il corpo in quattordici pezzi. Iside riuscì a recuperare tredici dei quattordici pezzi e ad impietosire Ra affinché ridesse vita ad Osiride. Il quattordicesimo pezzo rimase però nel Nilo e dette al fiume la sua forza fecondatrice.

Raffigurazione egiziana con la divinità del cielo Nut che avvolge la Terra e la barca del Sole, Ra. (Museo del Louvre, Parigi)

Il mito egiziano appena descritto appare molto simile ad altri miti lunari, per esempio a quello di Maya. Queste similitudini tra leggende provenienti da luoghi lontani e da epoche diverse illustrano l'importanza data dalle antiche civiltà alla progressiva scomparsa della Luna durante la fase calante.

Secondo il mito di Maya la Luna e il Sole erano creature terrestri, una giovinetta ed un cacciatore, e tra loro nacque l'amore. Il nonno della ragazza, irato, la fece uccidere e dividere in pezzi, le libellule ne raccolsero il corpo ed il sangue nascondendoli in tredici ceppi cavi. Dopo tredici giorni di ricerche il giovane cacciatore, Sole, trovò i ceppi: da dodici di loro nacquero insetti e serpenti, dal tredicesimo uscì la giovinetta Luna resuscitata.

La divinità lunare smembrata, in una raffigurazione a Tenochitlàn.

I Greci, raccogliendo l'eredità dell'orientale Astarte e della frigia Cibele, trasformarono la divinità lunare in Selene, dea dell'amore, o in Artemide, dea della caccia e della castità indicando con queste due la giovinezza e, con Selene, la maternità (Afrodite era sterile) e in Ecate, con cui si indicava la dea dell'oltretomba, simile alla Luna nera mesopotamica (Luna Nuova).

I Romani mutarono i nomi della divinità lunare greca in Diana, Lucina (da cui poi deriverà Luna) e Trivia e sostituirono agli antichi sacrifici umani, celebrati alla dea della notte, l'usanza di ululare lungamente nei trivi: 'Nocturnisque Ecate triviis ululata per Urbem'. Questo aspetto triforme della Luna racchiudeva i tre momenti essenziali: nascita - vita - morte. La trittica divisione viene mantenuta in moltissime altre religioni dove viene rappresentata come una giovane, una donna incinta e una signora anziana.


Diana con il crescente lunare, in un affresco pompeiano. A destra, i cani ululano alla Luna nell'iconografia dei tarocchi romani.

Alla dea venivano celebrati sacrifici di animali: addirittura cento buoi in occasioni solenni, da cui la parola ecatombe, che significa, appunto, cento buoi.

Nella regione della Frigia, in Asia Minore, la Luna era venerata anche sotto la figura del dio Men. Da questa radice sono derivati i termini greco mén, mese, e méne, luna, ed il latino mensis, oltre che le forme Moon e Mond per Luna, rispettivamente in inglese e tedesco.


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