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Gli antichi greci e la luna




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Gli antichi greci e la luna






In principio gli uomini divinizzarono i fenomeni naturali che non riuscivano a comprendere per un sentimento di "dipendenza dalla natura". Feuerbach in proposito scrisse:


" il sentimento di dipendenza dell'uomo è il fondamento della religione; l'oggetto di questo sentimento di dipendenza, ciò da cui l'uomo dipende, e si sente dipendente, non è però altro, originariamente, che la natura. È la natura il primo, l'originario oggetto della religione, come è abbondantemente dimostrato da tutte le religioni di tutti i popoli (.)"                ( In L'essenza della religione, 1-5).


È con questo atteggiamento che nacquero i primi miti e le prime superstizioni riguardo la volta celeste.


La volta celeste con la sua immensità, imperturbabilità, ciclicità e misteriosità attirava inevitabilmente gli occhi e le menti delle popolazioni antiche. Anche gli antichi Greci tentarono in vario modo di dare una spiegazione alle fasi della Luna o al movimento degli astri, ma in un primo momento si rivolsero più alla superstizione e alla divinizzazione. In questo contesto uno dei miti più antichi e più importanti per i valori simbolici che portò con sé, anche a secoli di distanza dalla sua formulazione,  è quello di Ecate.


Ecate è una delle divinità più interessanti per la sua assimilazione alla Luna, all'occulto e al magico. E' caratterizzata da una triplice natura: umana (nella sua forma terrestre), equina (nella sua veste lunare) e canina ( nel suo habitus infernale).





Il numero tre è fondamentale perché Ecate, nella sua veste magica e terrena, viene definita Trivia e quindi protettrice dei trivi (crocicchi), punti di incontro fra tre vie. In corrispondenza di questi luoghi si riteneva venissero effettuati con la Luna piena riti di passaggio e di evocazione di spiriti e demoni. Essa era quindi ritenuta la divinità che vegliava su questi luoghi seguita sempre da spiriti e demoni degli inferi. Ecate è stata relegata ineluttabilmente nell'ambito del male per i suoi legami con la magia (intesa nel senso deteriore del termine) e con il mondo dell'aldilà. Secondo la tradizione, nelle dimore sotterranee di Ecate è presente un giardino segreto dove le sue sacerdotesse, Circe e Medea, raccolgono piante dai meravigliosi effetti. Medea, infatti, secondo una tradizione, sarebbe nipote di Ecate e farebbe parte della famiglia dei maghi (Euripide, Medea v. 397) .




Nell'Averno Ecate ha aspetto canino, più precisamente di cane nero. Essa era conosciuta nell'antichità anche come la traghettatrice dei morti, dal momento che era lei ad accompagnare, ogni primavera, all'esterno Proserpina. La connessione con questi due mondi è molto importante per capire il valore che gli antichi greci davano alla notte e alla luna. La notte era, infatti, un momento di mistero, di magia, di morte e di successiva resurrezione. Con l'assenza della luce vivificatrice del Sole, la notte appariva il regno del sonno della natura e della sua morte apparente. Inoltre il cielo era il regno della vita eterna dopo la morte, in cui gli eroi del passato e i personaggi mitici avevano trovato l'eterna pace dopo le sventure della vita terrena e l'esaltazione della loro grandezza.

Molte delle costellazioni greche prendevano il nome da personaggi mitologici che vennero portati in cielo dagli dei per garantirne l'eternità e sottolinearne l'importanza. Basti ricordare la costellazione di Medea, di carina o poppa (dedicate alla nave Argo) o la Chioma di Berenice scoperta dall'astronomo di corte Conone.


Nel fondamentale sistema dualistico che contrappone luce e tenebre, Ecate riveste senz'altro entrambi i ruoli, ma rappresenta, fondamentalmente, colei che illumina, seppur nelle tenebre. Inoltre l'astro notturno è ricchissimo di significato simbolici, in particolare il concetto di trasformazione ciclica, ben rappresentato dalle fasi lunari. La Luna cresce fino al plenilunio, per poi declinare fino alla fase della cosiddetta "Luna nera"    (da collegarsi con il cane nero degli inferi), per poi risorgere nuovamente dopo tre giorni di eclissi. Le fasi lunari corrispondono simbolicamente alla nascita, crescita, morte e resurrezione. Perciò la Luna si associa ai fenomeni generativi che essa effettivamente influenza (basti pensare al suo influsso sul mondo vegetale),  al divenire, all'aldilà e, più in generale, alle idee di ciclo, dualismo, polarità, opposizione. Il momento in cui la Luna sparisce era collegato ad una sorte di morte che la Luna doveva subire per permettere il rinnovamento dell'universo.


Ad Ecate si attribuiva il potere vitale su tutti gli elementi: essa era il ventre del cosmo, ma anche colei che permetteva la mediazione tra il regno dell' intellegibile e del sensibile. E' proprio in questi termini che ne parla Plutarco, descrivendola come una barriera che divide il mondo fisico da quello spirituale. Inoltre, essa viene descritta come l'agente di una mediazione, e pertanto di una trasmissione , del principio vitale stesso.


Molti autori greci si riferirono ad Ecate, come ad esempio il già citato Plutarco che dedicò un libro dei suoi Moralia alla luna, ritenendola il luogo in cui le anime dei giusti riposavano dopo la morte.  Narrazione completamente diversa ne fa Luciano nella sua Storia vera, che prende in giro le teorie riguardo agli abitanti della luna parlandone come di uomini mostruosi che partoriscono figli dai polpacci.

In tutte le epoche gli uomini hanno contemplato i fenomeni celesti. L'esempio della Luna potrebbe essere replicato per le costellazioni, le comete, i pianeti etc. L'obiettivo di questo lavoro non è quello di analizzare tutti gli elementi celesti su cui l'uomo ha rivolto le sue speculazioni, ma mostrare i vari ambiti e le varie concezioni che la contemplazione del cielo stellato ha prodotto nei tempi. 



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